Parere Uppa n.49/08

Parere al Comune di Ancona in merito ad approfondimenti sull'art. 36 - Utilizzo di contratti di lavoro flessibile - del d.lgs n. 165/2001 come modificato dal D.L. n. 112/2008

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Parere UPPA n. 49/08

Al Comune di Ancona 
Servizio organizzazione e personale 
Ufficio del dirigente 
Piazza XXIV Maggio, 1 
60100 Ancona

e, p.c.: Al Ministero dell'Economia e delle Finanze 
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato 
IGOP 
Via XX Settembre, 97 
00187 Roma

OGGETTO: Art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 come sostituito dall'art. 49 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112. Richiesta di interpretazione e problematiche applicative.

Si risponde alla nota del 17 luglio 2008, n. 68480/01.01 con la quale codesto Comune pone alcuni quesiti e problematiche inerenti ai commi 1 e 2 dell'art. 36 del D.lgs n. 165 del 2001 novellato da ultimo dall'art. 49 del D.L. n. 112 del 2008.

Un primo aspetto sottoposto all'attenzione dello Scrivente riguarda l'approfondimento di alcune espressioni contenute nell'art. 36 novellato ed in particolare: "fabbisogno ordinario" ed "esigenze temporanee ed eccezionali". E' opportuno precisare che l'ulteriore novella all'art. 36 in questione interviene con tempi molto ravvicinati rispetto all'intervento sostitutivo dell'art. 36 operato dall'art. 3, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Il precedente intervento del legislatore scaturiva dalla necessità di porre rimedio all'uso distorto delle tipologie di lavoro flessibile da parte di alcune amministrazioni pubbliche, uso sfociato nel fenomeno patologico del precariato. Il regime restrittivo previsto dall'art. 36 del d.lgs 165/2001, come modificato dall'art. 3, comma 79, della legge 244/2007, ha determinato difficoltà organizzative in capo alle amministrazioni, difficoltà di cui il legislatore ha tenuto conto provvedendo ad una nuova formulazione dell'art. 36. La ratio seguita da quest'ultima novella persegue l'obiettivo di conciliare le esigenze di flessibilità delle amministrazioni, con:

  • i principi inderogabili posti a fondamento di una corretta e razionale organizzazione, riconducibili a quelli indicati dall'art. 1, comma 1, del d.lgs 165/2001,
  • le regole preordinate al reclutamento del personale di cui all'art. 97 della Costituzione declinate dall'art. 35 dello stesso decreto legislativo,
  • la necessità di prevenire il costituirsi di altre forme di precariato.

Premesso ciò il primo comma del nuovo articolo 36 non conferma soltanto il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato come modello standard del pubblico impiego, come previsto anche per il settore privato dall''art. 1, comma 01, del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368. L'elemento di caratterizzazione del settore pubblico è il fabbisogno ordinario che si concretizza, attraverso la dotazione organica, in un valore quantitativo e qualitativo delle risorse umane necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali ovvero delle funzioni ordinarie dell'amministrazione.

Ne deriva che le esigenze di copertura della dotazione organica, intese come esigenze di carattere continuativo e duraturo e quindi permanente, devono trovare soddisfazione esclusivamente con le assunzioni a tempo indeterminato.

Un altro elemento caratterizzante il settore pubblico, come indicato dal vigente primo comma dell'art. 36, è dato dal fatto che le assunzioni debbano avvenire seguendo le procedure di reclutamento previste dall'articolo 35 del D.Lgs 165/2001, ovvero nel rispetto del principio della concorsualità.

Fermo restando quanto sopra, il ricorso alle tipologie di lavoro flessibile è consentito a fronte di esigenze temporanee ed eccezionali. E' senz'altro ammissibile la riconduzione di dette esigenze alle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo previste dall'art. 1 del citato D.lgs 368/2001, anche riferibili all'ordinaria attività e quindi al fabbisogno ordinario, purché caratterizzate dalla temporaneità. Per quanto riguarda la somministrazione vale quanto previsto dall'art. 20, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. In armonia con il primo comma dell'art. 36, nonché per prevenire un uso distorto del lavoro flessibile, è invece escluso che le predette esigenze possano riferirsi ad un fabbisogno ordinario e permanente, anche in presenza di un regime restrittivo delle assunzioni a tempo indeterminato. La valutazione sulla temporaneità dell'esigenza rimane facilmente identificabile. Riguardo l'eccezionalità occorre precisare che non va intesa in termini di imprevedibilità quanto piuttosto di straordinarietà. La previsione è di rafforzamento del concetto stesso di temporaneità escludendo che l'esigenza possa avere un carattere riconducibile ad un bisogno permanente. Al fine di dare adeguata evidenza alle esigenze sottese si ritiene applicabile il disposto di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs 368/2001 che prevede di darne specifica nel contratto individuale di lavoro a tempo determinato.

Per quanto riguarda i contratti di formazione e lavoro si intende che per gli stessi, data la loro vocazione ad essere convertiti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, si possa prescindere dall'esigenza temporanea ed eccezionale purché ciò emerga inequivocabilmente dalla programmazione triennale del fabbisogno che dovrà tenere conto della disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per procedere a nuove assunzioni a tempo indeterminato.

Codesto Comune fa poi riferimento alla previsione di cui all'art. 7, comma 6, del d.lgs 165/2001, come modificato dall'art. 46 del D.L. 112/2008 secondo cui il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Il riferimento allo svolgimento di funzioni ordinarie è inteso nel senso che per le esigenze connesse con il fabbisogno ordinario non è possibile ricorrere alla stipula di contratti di lavoro autonomo. Un progetto speciale che ha una durata limitata nel tempo può consentire di ricorrere a tipologie di lavoro flessibile nella misura in cui non riguarda il fabbisogno ordinario pur rientrando nelle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione interessata.

L'ente in indirizzo chiede, altresì, quali sono le tipologie di lavoro flessibile a cui fa riferimento l'art. 36, comma 2. Esse sono senz'altro quelle elencate ovvero: contratti di lavoro a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e somministrazione di lavoro a tempo determinato. Riguardo ai rapporti formativi che non costituiscono rapporti di lavoro la previsione si riferisce ai tirocini formativi e di orientamento disciplinati dall'art. 18, della legge 24 giungo1997, n. 196. E' fatto salvo il disposto di cui all'art. 54, comma 2, del D.Lgs 276/2003, per quanto riguarda i contratti di inserimento. Salvo quanto sopra, rimane vigente anche l'art. 1, comma 2, dello stesso D.Lgs 276/2003.

Si evince chiaramente che il comma 2 dell'art. 36 contempla solo ipotesi di lavoro flessibile di tipo subordinato. È esclusa dall'ambito della norma la disciplina del lavoro autonomo che trova una separata collocazione nell'ambito del citato art. 7, comma 6 e seguenti, dello stesso D.Lgs 165/2001.

Sempre l'art. 36, comma 2, del D.Lgs 165/2001 prevede che il ricorso alle forme contrattuali flessibili di assunzione debba avvenire nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti che sono quelle, ove compatibili, indicate dall'art. 35 dello stesso decreto legislativo.

Il comma 3 dello stesso articolo ribadisce, poi, la finalità di evitare abusi nell'utilizzo del lavoro flessibile e rappresenta la disposizione madre per non incorrere nella formazione di nuovi fenomeni di precariato. La sua portata è pertanto rigorosa e come tale va intesa ed applicata dalle amministrazioni, rappresentando la necessaria garanzia dell'equilibrato contemperamento tra l'esigenza di consentire l'utilizzo del lavoro flessibile, il cui ridimensionamento dovuto alle restrizioni della precedente disciplina dell'art. 36 aveva creato difficoltà nella gestione, e quella di non incorrere nella sua degenerazione che è appunto il precariato e le aspettative di stabilizzazione da parte dei lavoratori.

Per sottolineare quest'aspetto il legislatore ha fatto ricorso a due tipi di intervento, uno che richiama principi di carattere generale ed un altro che fissa precisi limiti vincolanti.

Da un lato, le amministrazioni, nell'ambito delle procedure seguite, devono rispettare i principi di imparzialità e trasparenza ritenuti imprescindibili a garanzia di un comportamento corretto che non sia ispirato a logiche di favor verso il medesimo lavoratore che possono produrre nuovamente forme di precariato o aspettative di stabilizzazione.

Dall'altro le stesse non possono ricorrere all'utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori al triennio nell'arco dell'ultimo quinquennio. Il quinquennio va calcolato a ritroso rispetto alla data di stipula del nuovo contratto. Per il calcolo del triennio si prendono a riferimento i periodi di vigenza dei contratti e si sommano in termini di mesi. I resti di giorni concorrono a formare un mese se la sommatoria è pari a 30. Il raggiungimento di 12 mesi va a realizzare un anno.

Per quanto riguarda le tipologie contrattuali cui si fa riferimento sono tutte quelle poste in essere dal medesimo datore di lavoro con lo stesso lavoratore rispettando tanto i limiti temporali di ciascun contratto quanto quello generale del triennio nel quinquennio come fissato dal comma 3 in argomento. In particolare:

- per il contratto a tempo determinato la durata non può essere superiore ai 3 anni comprensivi di proroga. Il triennio non può essere superato in nessun caso a prescindere dal quinquennio. Sono fatte salve le assunzioni riferite a procedure concorsuali diverse. La valenza della partecipazione ad un nuovo concorso pubblico, in coerenza con quanto previsto dagli articoli 51 e 97 della Costituzione, prevale rispetto al limite temporale del triennio che può essere superato solo in questa circostanza;

- per il rapporto di lavoro autonomo la durata va sempre rapportata alla prestazione richiesta secondo i principi di cui all'art. 7, comma 6, del D.Lgs 165/2001;

- per la somministrazione i tempi sono quelli previsti nel contratto stipulato con la relativa Agenzia.

Le predette durate sono fatte salve prese come singolo contratto. Viceversa in caso di più tipologie contrattuali sopraggiunge il limite che la sommatoria dei tempi non può superare il triennio nel quinquennio di guisa che qualora detto periodo non sia stato completato la durata dell'ultimo contratto del quinquennio medesimo non potrà essere superiore al tempo residuo rispetto al triennio stesso, salvo che il soggetto non sia vincitore di un concorso pubblico. Quest'ultima eccezione non si applica ai concorsi banditi ai sensi dell'art. 1, commi 529 e 560, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 per i soggetti che usufruiscono di riserva.

L'art. 1, comma 95, della legge 244/2007 può essere applicato compatibilmente con quanto sopra chiarito.

Per quanto riguarda i contratti di collaborazione coordinata e continuativa si richiamano le sanzioni previste dall'art. 7, comma 6, vigente in caso di utilizzo del lavoratore per funzioni ordinarie o per mascherare forme di lavoro subordinato, ipotesi più facilmente riscontrabile nel caso in cui si ripetano con il medesimo lavoratore più contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Il Direttore dell'Ufficio
Francesco Verbaro