La prestazione del dirigente, pur non vincolata in termini orari, deve essere funzionale alle esigenze della struttura di cui è responsabile

Parere in merito alla disciplina dell’orario di lavoro dei dirigenti

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Presidenza del Consiglio dei Ministri
DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA
Ufficio per l’organizzazione ed il lavoro pubblico
Servizio per la gestione del personale pubblico

 

DFP 43784 del 02/07/2020

Al Comune di __________

p.c.   all’ARAN

 

Oggetto: richiesta di parere in merito alla disciplina dell’orario di lavoro dei dirigenti.

Si fa riferimento alla nota del 24/04/2020, protocollo n. 15881, con la quale il Sindaco pro-tempore di codesto Comune ha richiesto un parere circa l’interpretazione dell’art. 16 del CCNL Area II per la dirigenza di Regioni e Autonomie locali del 16/04/1996, relativamente all’articolazione dell’orario di lavoro del personale con qualifica dirigenziale.

In particolare, viene chiesta una valutazione “…circa la legittimità del comportamento del dirigente che, in modo sistematico, osservi un orario di lavoro inferiore alle 36 ore settimanali.”

In merito – fatta salva la competenza in materia di interpretazione delle disposizioni contrattuali in capo all’Aran - si rappresenta quanto segue.

Come anche confermato dalla stessa Aran negli orientamenti applicativi dell’Area II della dirigenza, la materia dell’orario di lavoro per questa tipologia di personale è disciplinata dall’art. 22 della legge n. 724 del 1994 e, come riportato anche nella stessa richiesta di parere, dall’art. 16 del CCNL del 10/04/1996. In base a quanto disposto, il sistema si basa sul principio di autoresponsabilizzazione del dirigente, cui spetta l’organizzazione complessiva del proprio tempo di lavoro, in modo da assicurare l’espletamento dei compiti che gli sono stati affidati ed il raggiungimento degli obiettivi programmati dall’amministrazione di appartenenza. In tale ambito, non è prevista alcuna quantificazione dell’orario di lavoro del dirigente, neppure attraverso la definizione di limiti massimi o minimi di durata delle prestazioni lavorative. Sotto il profilo organizzativo, quindi, il dirigente può determinare in autonomia il proprio orario di lavoro, pur sempre osservando il vincolo delle esigenze operative e funzionali della struttura di cui è responsabile.

In altri termini, si afferma una concezione del tempo di lavoro strettamente correlata alla responsabilità di risultato dirigenziale.

Tanto premesso in merito al principio dell’autoresponsabilizzazione del dirigente, si rappresenta che l’amministrazione ha comunque la possibilità di adottare sistemi di rilevazione della presenza e dell’assenza dei propri dirigenti, ai fini della valutazione annuale finalizzata all’attribuzione della retribuzione di risultato, oltreché per la gestione di altri istituti contrattuali. Tale rilevazione non potrà però quantificare l’ammontare orario, ma solo consentire la verifica della presenza e/o l’assenza, proprio perché, come detto, non è prevista per il personale dirigente alcuna quantificazione dell’orario settimanale. Il criterio della presenza, ai fini della valutazione annuale e della corresponsione della retribuzione di risultato, deve essere comunque espressamente previsto tra i criteri adottati dall’ente a tal fine.

In ultimo, per completezza di trattazione, si ricorda il contenuto dell’art. 21, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001: “Il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione di cui al Titolo II del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni ovvero l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli di cui all'articolo 23 ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo”.

Quanto precede è ripreso dalla disciplina dei CCNL di area, che, infatti, all’art. 3 ed all’art. 7 del CCNL 22/02/2010, comprendono le disposizioni in merito rispettivamente al “Recesso per responsabilità dirigenziale” e al “Codice disciplinare”. Secondo quanto previsto dal citato art. 3, la responsabilità dirigenziale si può configurare nei casi di “inosservanza delle direttive generali per l’attività amministrativa e la gestione, formalmente comunicate al dirigente, i cui contenuti siano stati espressamente qualificati di rilevante interesse”; mentre l’articolo 7 prevede la comminazione di una sanzione disciplinare pecuniaria nel caso di “inosservanza delle direttive, dei provvedimenti e delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché di presenza in servizio correlata alle esigenze della struttura ed all’espletamento dell’incarico affidato […]”.

Gli orientamenti applicativi dell’Aran per l’Area II della dirigenza definiscono tali atti (direttive, provvedimenti e disposizioni di servizio) come “regole di carattere generale che l’ente, sulla base di una autonoma valutazione, può adottare unilateralmente, in base al proprio potere organizzativo e direzionale quale datore di lavoro, per assicurare a tutela dell’interesse organizzativo generale […], discipline certe ed uniformità di comportamenti della dirigenza complessivamente intesa.”. Tali atti eventualmente adottati, essendo di natura gestionale, sono di competenza dei soggetti preposti alla gestione (la dirigenza) e non dall’organo di governo. 

Ciò posto – fatte salve eventuali ulteriori valutazioni da parte dell’Aran – non si ravvisano profili di illegittimità nel caso in cui i dirigenti si discostino dall’articolazione dell’orario prevista obbligatoriamente per il restante personale, ferma restando la facoltà per codesta amministrazione di adottare misure coerenti con il quadro normativo sopra delineato, al fine di presidiare le proprie esigenze organizzative e gestionali.

Ciò – come detto - trae origine dall’attuale insussistenza, nel contesto del vigente ordinamento giuridico, di un espresso obbligo prestazionale orario del personale dirigenziale di cui trattasi, in ragione della funzionalizzazione dell’obbligazione contrattuale al conseguimento di appositi risultati di gestione, rispetto ai quali la determinazione di un minimum prestazionale orario apparirebbe estraneo, trattandosi di responsabilità dirigenziale per raggiungimento di specifici obiettivi gestionali.

 IL CAPO DIPARTIMENTO
 F.to Cons. Ermenegilda SINISCALCHI