Milano Finanza - Renato Brunetta

L'Europa si regge soltanto su un patto tra Roma, Parigi e Berlino

19 maggio 2022

Nel 1946 Konrad Adenauer disse che “la salvezza della Germania e la salvezza dell’Europa sono la stessa cosa”. Questa frase mi ha accompagnato, 76 anni dopo, nella mia prima missione bilaterale da ministro della Pubblica amministrazione del Governo Draghi, il 16 e il 17 maggio a Berlino.

Viviamo tempi complessi. Dopo due anni di pandemia e di crisi economica e sociale, i vaccini ci avevano fatto intravedere la luce della ripresa. Non avevamo sbagliato un colpo. Nel 2020 l’Unione europea aveva dato vita al suo “momento Hamilton”, indebitandosi sui mercati per 750 miliardi di euro. 

Il pacchetto europeo di risorse è servito a finanziare i Piani di ripresa e resilienza dei 27 Stati membri. Nel 2021 l’Italia aveva saputo organizzare una campagna vaccinale straordinaria e attuare con coraggio una strategia che ha garantito il massimo livello di sicurezza sanitaria con il massimo livello di apertura delle attività economiche. La crescita del Pil del 6,6%, seconda solo a quella della Francia, ha testimoniato la bontà delle scelte dell’Esecutivo, il grande senso di responsabilità degli italiani e la forza del nostro tessuto produttivo. Dallo scorso febbraio la guerra in Ucraina e la tensione con la Russia hanno, però, di nuovo coperto di nubi il cielo d’Europa, rivelandone le fragilità e i nodi irrisolti: l’integrazione incompiuta, la dipendenza energetica, l’assenza di una politica comune di sicurezza e di difesa, le eccessive rigidità dei processi decisionali. Nonostante questo, l’Unione ha saputo approvate finora cinque pacchetti di sanzioni nei confronti della Russia e oggi ha presentato RePower Eu, il maxi piano energetico per rendere l’Ue più indipendente dalle forniture russe entro il 2030. Le risposte arrivano, non bisogna essere ingenerosi.

“L’Europa sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate per rispondere a quelle crisi”, diceva Jean Monnet. “La federazione europea non ci si presentava come un’ideologia, non si proponeva di colorare in questo o in quel modo un potere esistente. Era la sobria proposta di creare un potere democratico europeo”, spiegò Altiero Spinelli, autore con Ernesto Rossi del Manifesto di Ventotene. Adenauer, Monnet, Spinelli. Un tedesco, un francese, un italiano, tutti storici protagonisti del sogno europeo. Oggi è dalla triangolazione tra Italia, Francia e Germania che bisogna ripartire per costruire la nuova Europa. Il Trattato del Quirinale ha saldato l’asse tra l’Italia di Draghi e la Francia di Macron. In autunno sarà adottato dal presidente Draghi e dal cancelliere Scholz il Piano d’azione italo-tedesco, attualmente in corso di negoziato, che si occuperà di rafforzare la cooperazione tra Italia e Germania. Un capitolo sarà dedicato alla Pubblica amministrazione.

La pandemia ci ha insegnato che nessuno si salva da solo: la salvezza è nell’Europa. Vale lo stesso per le nuove sfide epocali che dobbiamo raccogliere con urgenza, quelle che Macron aveva già individuato nel suo discorso alla Sorbona del settembre 2017 e che ha riproposto il 9 maggio all’Europarlamento, in perfetta sintonia con le parole di Draghi pronunciate il 3 maggio scorso, sempre a Strasburgo. Un comune sentire che non è più solo italo-francese, nel solco del Trattato del Quirinale, ma che oggi appartiene a un più ampio nucleo propulsivo di avanguardie europee. Ne è la riprova la recente iniziativa attorno a cui si sono aggregate Germania, Italia, Spagna, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo affinché la Conferenza sul Futuro dell’Europa non sia un punto di arrivo, ma di partenza, verso forme più avanzate di integrazione, senza escludere proposte condivise di revisione dei Trattati. Sovranità europea, autonomia energetica, sicurezza comune: in una sola parola, la volontà comune di disegnare assieme il nostro futuro, senza che esso venga predeterminato da potenze straniere o attori esterni.

La mia missione a Berlino si è inserita nel momento di massimo impegno della Presidenza tedesca del G7 ed è cominciata da un incontro con la Commissione Affari europei del Bundestag proprio nel giorno in cui Bruxelles ha diffuso le previsioni economiche di primavera, con stime di crescita nettamente ridimensionate rispetto alle precedenti, sia per l’Italia sia per la Germania. Ho voluto rassicurare i colleghi parlamentari tedeschi: l’Italia manterrà gli impegni assunti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il Pnrr è un contratto, e i contratti si rispettano. Come abbiamo fatto finora, anche perché l’Italia è il Paese che più ha beneficiato della solidarietà e della credibilità europea.

Con Markus Richter, Segretario di Stato al Ministero federale degli Interni, con delega alla funzione pubblica, che ho incontrato presso l’Ambasciata d’Italia assieme all’Ambasciatore Armando Varricchio, abbiamo posto le basi per una cooperazione rafforzata tra Italia e Germania in materia di riforma e innovazione della Pubblica amministrazione, anche nel quadro del futuro Piano d’azione italo-tedesco. Quattro le priorità individuate: promozione delle competenze digitali dei lavoratori pubblici, potenziamento della mobilità tra i due Paesi, attrattività della Pa, digitalizzazione. Sulla scia di quanto già concordato con la Francia, è mia ferma intenzione intensificare gli scambi tra la nostra Sna, le altre Scuole nazionali dell’amministrazione e gli istituti universitari d’eccellenza come la Hertie School of Governance di Berlino, con cui abbiamo già avviato un proficuo confronto. Un ulteriore cantiere è quello delle semplificazioni, per facilitare il “salto verde” delle nostre economie: il Governo tedesco ha promosso una task force che concluderà i suoi lavori entro l’estate e abbiamo concordato uno scambio di buone pratiche, alla luce delle recenti misure italiane per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili, a partire dal fotovoltaico su tutti gli edifici pubblici. Sbaglia chi pensa che siano interventi limitati alla Pa. Creare una classe dirigente profondamente europea, accomunata dagli stessi valori e attrezzata, dal punto di vista delle conoscenze e delle competenze, per raggiungere obiettivi condivisi di sviluppo e modernizzazione è un esercizio di democrazia. Irrobustire la capacita amministrativa per attuare i progetti dei Recovery Plan significa muoversi nella stessa direzione: verso un’Europa più forte e più sovrana, capace di parlare con una voce sola sull’energia, sull’inflazione che rischia di provocare una spirale prezzi-salari, sulla modifica dei Trattati e delle regole di bilancio auspicata da Draghi e da Macron.

Italia, Francia e Germania devono giocare da protagoniste tutte le partite, che sono interconnesse. Anche le più complicate. È attesa per il 23 maggio, nel contesto dello Spring Package, la proposta della Commissione Ue di prorogare per un altro anno, fino a tutto il 2023, la clausola di salvaguardia che da marzo 2020 ha sospeso le regole del Patto di stabilità e crescita fino alla fine del 2022. Attorno a questa scelta, dobbiamo evitare scelte polarizzanti, o anche soltanto dogmatiche, come quella contenuta nel documento tedesco di strategia fiscale preparato per il ministero delle Finanze dall’economista Lars Feld, dalle connotazioni marcatamente rigoriste, che prospetta un ritorno alle regole di bilancio pre pandemia, nazionali ed europee, possibilmente già nel 2023.

Nel paper non c’è traccia di Europa, se non per questo passaggio. Ma sono troppe le “interdipendenze” reciproche dei singoli Stati, Germania compresa, per rinunciare a seguire l’altra strada: quella, nell’immediato, di un Next Generation Eu 2 per sicurezza ed energia e quella, in prospettiva, di una nuova Europa che porti a compimento il progetto visionario dei padri fondatori. Nel segno di Adenauer, Monnet, Spinelli. E del monito di Helmut Kohl: “Nel dubbio, per l’Europa”.