Il Mattino - Nando Santonastaso

«Concorso, chi si è iscritto cerca solo il posto fisso»

16 giugno 2021

Alberto Bonisoli, presidente del Formez, l'organismo che sovraintende all'organizzazione delle selezioni pubbliche in Italia è deluso dal flop del Concorso Sud: «La fuga dei partecipanti favorita dal "tempo determinato" del contratto», dice. E spiega che si tratta di «un bando con criteri europei e più sedi per l'esame».

Presidente Bonisoli, è rimasto anche lei deluso dal flop di partecipanti al Concorso Sud o, in qualche modo, se lo aspettava?

«Siamo davanti a un caso che richiama la mia esperienza professionale - risponde Alberto Bonisoli, già ministro dei Beni culturali nel primo governo Conte e ora presidente del Formez, l'organismo che sovraintende all'organizzazione dei concorsi pubblici in Italia - Quando nel design si realizza il prototipo di un prodotto, si ha la possibilità di testarlo, di sottoporlo a una serie di verifiche. Questa è la prima volta di un concorso molto innovativo, interamente digitalizzato, al quale ha lavorato un gruppo interistituzionale di cui fa parte anche il Formez, che ha puntato all'utilizzo di una piattaforma tecnologica e alle sedi regionali decentrate. Modalità che non possono essere minimamente paragonate ai vecchi concorsi con sede unica, in genere Roma, i testi su carta, e così via. Detto questo: è vero, ci aspettavamo di più in termini di affluenza. Ma, davanti alla rivoluzione avviata con la riforma dei concorsi pubblici approvata con il decreto 44/2021, è anche comprensibile la necessità di rodare il sistema». 

Cosa vuoi dire, esattamente, presidente?

«Ci sono tre aspetti su cui riflettere. Il primo è la distribuzione geografica: abbiamo dato importanza ai capoluoghi di regione, ma dobbiamo riflettere sul fatto che all'interno di una stessa regione le comunicazioni e la logistica non sono sempre ottimali. Siamo stati contenti di avere scelto Nuoro come sede per la Sardegna pur sapendo che i numeri non sarebbero stati alti, ma la risposta di chi ha partecipato ha confortato la nostra decisione. In altri casi così non è stato. Secondo aspetto: abbiamo chiesto professionalità specializzate da impiegare a tempo determinato. Una richiesta che, ragionando in termini europei, non è affatto sorprendente. In tutta Europa ormai è normale che profili di alta competenza decidano, sebbene per un periodo limitato, di dare una mano alla macchina pubblica dei vari Stati. È la figura del cosiddetto agente temporaneo ed è proprio quella che noi stavamo cercando attraverso il Concorso Sud: anche in questo caso, una prima volta per la Pubblica amministrazione italiana. Penso che la novità possa aver scoraggiato tardivamente molte persone, che pur avendo presentato la domanda hanno poi rinunciato a presentarsi alla prova».

E il terzo aspetto?

«È il Covid. Anche in questo caso parliamo del primo concorso organizzato su questa scala da quando è partita la pandemia. È vero, ce ne sono stati altri nel frattempo, ma con numeri molto bassi. Abbiamo presidiato le sei sedi della prova d'esame con 35 unità impegnate ad applicare e a far rispettare tutti i protocolli di sicurezza e questo un attimo dopo che è arrivato dal Cts il via libera per l'organizzazione del Concorso. Ci sta che qualcuno, preoccupato della pandemia e non sentendosi rassicurato negli spostamenti dalla città di provenienza alla sede della prova, abbia alla fine preferito rinunciare».

Ma non crede che riaprendo il concorso a coloro che erano stati esclusi si rischi di attuare un rimedio peggiore del male, avendo di fatto rinunciato alla selezione per titoli ed esperienze pregresse?

«No, non è vero. Le regole del concorso non cambiano, compresa la valutazione dei titoli, operata sin dall'inizio per ciascuno dei candidati, che concorrerà comunque a formare il punteggio finale. Noi stiamo cercando persone che abbiano avuto esperienza di gestione di progetti e di attività legate a tutto ciò che è il mondo dei Fondi europei di coesione. Sappiamo benissimo che in Italia ci sono amministrazioni pubbliche che non sono capaci di spendere nemmeno la metà delle risorse loro assegnate: perciò c'è bisogno di persone competenti, che abbiano già svolto questo ruolo in passato e un certo tipo di professionalità. L'identificazione di questi profili, così come prevista dal bando, rimane. L'unica differenza è che ora la valutazione sarà fatta su un numero maggiore di concorrenti».

Vuoi dire che sarà comunque coperta la quota dei 2800 posti messi a concorso o si potrà anche restare al di sotto?

«Noi cerchiamo le persone giuste e sono sicuro, che una volta ampliata la platea, le troveremo. Ovviamente mai a scapito della qualità. Il concorso è serio e rigoroso. Non ci interessano altre soluzioni».

Ma non sarebbe stato meglio evitare le incognite della fretta?

«Nessuna fretta. Ci ha mosso esclusivamente il dovere di tutelare l'interesse pubblico ad assumere 2800 tecnici nelle amministrazioni del Sud. Lo abbiamo fatto con serietà, rigore e nel minor tempo possibile. Lo scandalo sono i concorsi che durano anni. La digitalizzazione e la semplificazione ci ha consentito invece di approntare tempestivamente un nuovo ciclo di prove e ci permetterà di concludere le selezioni in tempi prima impensabili, mantenendo l'impegno di procedere alle assunzioni dei migliori entro luglio. Ma lei immagina se fossimo ancora in modalità cartacea? Ci saremmo accorti solo dopo mesi di quello che in realtà era accaduto a proposito della partecipazione».

Se il concorso avesse previsto assunzioni a tempo indeterminato, lei pensa che l'esito sarebbe stato diverso?

«Sinceramente sì. Ma è finita l'epoca della Pa come regno del posto fisso a bassa intensità di competenze: oggi, per affrontare la modernità e le nuove esigenze dei cittadini e delle imprese, le amministrazioni hanno bisogno di professionalità, di esperienze e di ricambio. Nessuno deve temere il cambiamento: è necessaria una rifondazione del patto tra cittadinanza e Stato, che passa anche per l'immissione di risorse fresche e nuove abilità».