Il Messaggero - Andrea Bassi

“Pa, procedure facili, dimezzati i tempi. 100mila assunti nel 2022 e 600 procedure in meno”

13 febbraio 2022

Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione, parla di «un anno entusiasmante al servizio del Paese, con Mario Draghi e con il suo governo, ma anche con una maggioranza tanto ampia quanto generosa, a dispetto delle diversità, e con un Parlamento sempre all’altezza delle sfide». Esattamente dodici mesi fa il governo Draghi ha giurato. «Abbiamo», dice in questa intervista al Messaggero, «preso tutte le decisioni giuste per portare l’Italia fuori dalla crisi pandemica ed economica, grazie a una campagna vaccinale impeccabile, siamo riusciti a garantire il massimo dell’apertura delle attività economiche con il massimo della sicurezza sanitaria. Nonostante le varianti Delta prima e poi Omicron, questa strategia è stata un successo. Da questo punto di vista possiamo dire che la missione è compiuta. E adesso», afferma Brunetta, «va costruita una nuova normalità, un cammino che richiede costanza, determinazione e unità d’intenti. Il programma c’è già: è il Pnrr, con in più la spinta morale dell’agenda Mattarella».

Ministro, la crisi dell’Ucraina e gli effetti del caro energia sull’inflazione spaventano. Il governo è pronto per affrontare questa fase?

«Stiamo uscendo dall’incubo del virus, ma potremmo precipitare in un altro. Il mondo rischia ancora. Forse per la prima volta negli anni Duemila, dopo i missili a Cuba nel secolo scorso, sentiamo parlare nuovamente di conflitto mondiale. C’è una crisi dell’energia gravissima determinata anche da questioni geopolitiche. C’è un’inflazione difficile da decifrare per cause e durata, i cui effetti, però, potrebbero sconvolgere tutti gli equilibri economici e finanziari fin qui raggiunti. Stiamo entrando in una terra incognita, rispetto alla quale è necessario avere un governo credibile, forte e politicamente adeguato alle nuove sfide».

Il governo Draghi?

«Quanto fatto nell’anno passato è la dimostrazione che l’attuale esecutivo, che gode di un consenso amplissimo, è quello più in grado di gestire anche questa nuova fase. Per questo il Parlamento e i partiti hanno scelto l’anti Gattopardo: confermare la squadra Mattarella-Draghi per il massimo della credibilità e il massimo del cambiamento e delle riforme».

La riforma della giustizia era uno dei passaggi più delicati per la maggioranza. Ci sono state tensioni in Consiglio dei ministri?

«Le tensioni sono fuori dal Consiglio dei ministri. Sulla giustizia c’è stato nel governo un dibattito alto e pacato, che ha portato a un’approvazione unanime della riforma Cartabia che, ricordo, fa parte del Pnrr e di quell’agenda delineata in Parlamento dal presidente Mattarella, e da tutti applaudita».

Ci saranno meno magistrati nei gabinetti dei ministri e negli uffici legislativi?

«Un bravo magistrato potrà sempre far parte di un gabinetto o di un ufficio legislativo. Non è questo il punto. La mobilità non mi turba, anzi. Sono favorevole anche a quella tra privato e pubblico. Quello che abbiamo fermato sono le porte girevoli tra magistratura, governo o altri incarichi politici, per evitare conflitti d’interesse e salvaguardare la terzietà dei magistrati. Vede, io ho la responsabilità della Sna, la Scuola superiore della Pubblica amministrazione. Credo che la Sna potrà avere un ruolo importante nel formare l’alta burocrazia che serve a governare questo Paese, senza supplenze e senza commistioni improprie».

Negli ultimi dodici mesi la Pubblica amministrazione è cambiata?

«Profondamente. Le linee programmatiche che avevo indicato a marzo dello scorso anno in Parlamento, sintetizzate nel nuovo alfabeto della Pubblica amministrazione, sono già state realizzate. Prendiamo la A di accesso».

I concorsi pubblici?

«Sì, da maggio a dicembre abbiamo riavviato quelli che si erano bloccati durante la pandemia, abbiamo digitalizzato le prove (in presenza) e abbiamo sbloccato 45mila assunzioni per le quali si sono candidate più di un milione di persone. Per il 2022 prevediamo la pubblicazione di bandi per oltre 100 mila assunzioni da rendere tutte effettive entro l’anno, oltre alle decine di migliaia di nuovi ingressi legati ai progetti del Pnrr. Un vero cambio del sangue per la nostra Pa: tanti giovani, tanti laureati e tanti professionisti. Mai visto un così ampio investimento in capitale umano».

Gli enti locali negli anni hanno perso capacità amministrativa. Da loro passa una fetta importante del Pnrr. Potranno assumere?

«Il pacchetto di interventi per gli enti locali, messo prontamente in campo dopo il grido di dolore dei sindaci all’assemblea Anci di Parma dello scorso novembre, permetterà alle amministrazioni territoriali di realizzare 15 mila assunzioni l’anno a tempo determinato e di recuperare in cinque anni i 70 mila posti persi nell’ultimo decennio. E l’assistenza tecnica e progettuale per il Pnrr è garantita da Cassa depositi e prestiti, Invitalia, Sogei e dal supporto di Medio Credito Centrale. Anche in questo caso un accompagnamento mai più visto dai tempi della Cassa per il Mezzogiorno».

Altro capitolo: le semplificazioni. A che punto siamo?

«In molti settori chiave, dall’ambiente agli appalti, abbiamo eliminato tanti colli di bottiglia, riducendo o addirittura dimezzando i tempi delle valutazioni ambientali e delle autorizzazioni per la banda ultralarga, impedendo a eventuali ricorsi al Tar di bloccare le opere previste dal Pnrr, rafforzando silenzio assenso e poteri sostitutivi. Entro il 2026, ma partendo da subito, dovranno essere semplificate 600 procedure complesse. Nei prossimi giorni partirà una consultazione pubblica rivolta a cittadini, imprese amministrazioni e associazioni. Per intervenire sulla regolazione in campo ambientale, edilizio e urbanistico, energetico, fiscale, giudiziario, commerciale. E per rendere la vita più semplice ai disabili».

Il suo rapporto con i dipendenti pubblici non sempre è stato semplice. In questo anno è cambiato?

«Appena diventato ministro ho voluto un patto con i sindacati per rinnovare i contratti di lavoro. Mi sono impegnato per eliminare i tetti al salario accessorio e premiare produttività e merito. E ho lanciato il più grande programma di formazione rivolto ai 3,2 milioni di dipendenti pubblici, per una spesa complessiva di oltre 2 miliardi nei prossimi cinque anni, dipendenti a cui ho voluto personalmente indirizzare una lettera per incoraggiarli a cogliere tutte le opportunità. Con il progetto “Pa 110 e lode” i lavoratori pubblici possono iscriversi a condizioni agevolate a corsi di laurea e master. Anche qui un’operazione inedita».

Con quali risultati?

«L’apprezzamento è stato altissimo. Hanno aderito praticamente tutti gli atenei italiani. Alla sola Sapienza, la prima ad aprire una finestra per le iscrizioni, sono arrivate in meno di un mese oltre 2 mila domande di iscrizione. È partito anche il progetto Syllabus per la formazione digitale. Un programma al quale collaboreranno top player pubblici e privati, nazionali e internazionali, del settore tecnologico, come Tim, Microsoft, Cisco, Oracle, Leonardo, Fastweb. Oltre 50 hanno risposto all’avviso di manifestazione d’interesse per fornire nel primo anno sperimentale, a titolo gratuito, pacchetti formativi per l’alfabetizzazione e la formazione specialistica digitale. Per i dipendenti pubblici più formazione vorrà dire più salario e più carriera. Persone qualificate, come ho scritto nel progetto Ri-Formare la Pa, qualificano il Paese”.

Dopo la circolare insieme al ministro Orlando per rendere più flessibile lo smart working in ragione del picco della variante Omicron ora che succede, si ritorna in presenza?

«Come ho ripetutamente spiegato, penso che lo smart working effettuato durante la pandemia sia stata una sperimentazione di massa utilissima, ma per forza di cose priva di regole, di obiettivi misurabili, di monitoraggio. Il mio sforzo, nei mesi scorsi, è stato quello di superare l’improvvisazione legata all’emergenza e di promuovere la regolazione dello strumento del lavoro agile e del lavoro da remoto nei contratti, operazione indispensabile per tutelare innanzitutto i diritti dei lavoratori e garantire alle amministrazioni piena autonomia organizzativa. La circolare di gennaio è servita a permettere un uso flessibile e intelligente dello smart working in ragione del temuto picco della pandemia».

E adesso?

«Ora, con la stessa flessibilità e intelligenza, le amministrazioni possono programmare il ritorno alla normalità. Normalità e presenza che il ministro Bianchi ha voluto per il mondo della scuola nonostante Omicron. Contro tutto e contro tutti, ma con il pieno sostegno di Draghi e del governo. Lui e tutti gli italiani hanno vinto la battaglia per il futuro dei loro figli e per questo gli abbiamo tributato un applauso spontaneo all’ultimo Consiglio dei ministri. Ecco, questo è il governo Draghi».