Gli agricoltori veneti - Edoardo Comiotto

PNRR e impegni europei, cambiamenti macchina pubblica, reddito di cittadinanza, salario minimo

13 luglio 2022

D- Ministro Renato Brunetta, il Governo ha appena tagliato un altro traguardo, raggiungendo tutti gli obiettivi del Pnrr previsti entro il 30 giugno 2022, che valgono all’Italia la seconda rata da 24 miliardi. Stiamo mantenendo gli impegni con l’Europa?

Sì, il Governo Draghi sta rispettando tempi e contenuti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ho sempre definito un contratto con l’Europa: soldi in cambio di riforme. L’Italia è finalmente credibile, con tutto ciò che ne consegue. Perché credibilità e reputazione sono asset economici invisibili, messaggi precisi che arrivano agli investitori e ai mercati. Siamo tornati un Paese affidabile. Abbiamo onorato il contratto con la Commissione europea, nonostante l’imprevisto tragico della guerra in Ucraina e le sue conseguenze, a cominciare dall’inflazione in risalita. Aver centrato gli obiettivi al 30 giugno significherà ricevere a breve la seconda rata da 24,1 miliardi di euro di fondi europei, dopo quella da 21 miliardi ricevuta ad aprile per la prima scadenza di dicembre 2021 e dopo l’anticipo di 25 miliardi di agosto 2021. Gli ulteriori obiettivi previsti per dicembre 2022 valgono altri 22 miliardi, quelli di giugno 2023 18,4 miliardi. Arrivare a fine legislatura, con le elezioni politiche a maggio e tutti gli impegni mantenuti, farà ottenere all’Italia le due tranche da oltre 40 miliardi complessivi.

D- I contraccolpi delle sanzioni applicate alla Russia per l’invasione Ucraina stanno, però, mettendo in difficoltà vari settori come l’agricoltura con l’aumento dell’energia, dei concimi, delle materie prime e del grano. I prezzi della spesa del consumatore stanno aumentando e cresce la preoccupazione per l’inflazione. Lei è un economista. Ritiene che stiamo entrando in una fase di crisi economica?

Assolutamente no. Sono tempi difficili, ma bisogna analizzare la situazione con lucidità. È opportuno elencare i dati, contro le interpretazioni dei catastrofisti.

Il Pil del primo trimestre (+0,1%) si è rivelato superiore alle attese degli analisti. Abbiamo una “ragionevole” certezza che nel secondo trimestre la crescita sarà compresa in una forchetta dello +0,3-0,5%. Proiettando i dati sulla crescita di fine anno, le stime più aggiornate del ministero dell’Economia vedono possibile un Pil 2022 sopra il 3,1%, l’obiettivo scritto nel Def di aprile, con un terzo e un quarto trimestre prudentemente stimati attorno al +0,2-0,4% (crescita acquisita dal 2021 pari al +2,6%). Ad aprile 2022 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale aumenti dell’1,6% rispetto a marzo. Nella media del periodo febbraio-aprile il livello della produzione aumenta del 2% rispetto ai tre mesi precedenti. Gli indicatori PMI (servizi, industriale e composite) sono tutti e tre in territorio positivo, sopra i 50: prevedono, quindi, una crescita positiva nei trimestri successivi. Il tasso di occupazione rimane al 59,9%, il valore record registrato a marzo 2022, e quello di disoccupazione si attesta all’8,4%; il tasso di inattività, che sale al 34,6%, resta sui livelli prepandemici. Dopo due mesi di forte crescita, ad aprile 2022, il numero di occupati mostra una lieve flessione, restando comunque superiore a 23 milioni. Nel confronto annuale con aprile 2021, la crescita del numero di occupati è pari a 670mila unità. Il turismo è in boom per presenze e spesa dei turisti.

In sintesi, non c’è affatto recessione: la produzione industriale va, le esportazioni crescono, il turismo è in vigorosa ripresa. Nonostante la guerra, il Paese tiene. E tiene grazie alle famiglie, alle imprese, ai professionisti, al nostro Governo che sta facendo le riforme. Malgrado gli impatti dei rincari energetici e dei beni alimentari, rincari dovuti allo scoppio della guerra in Ucraina, la nostra economia si mostra resiliente. Con buona pace dei pessimisti nostrani.

Detto questo, ricordo come l’Esecutivo sia già intervenuto con diversi provvedimenti per tutelare le famiglie e le imprese, comprese quelle agricole, dall’aumento dei prezzi: finora, compreso l’ultimo decreto legge che ha prorogato gli aiuti di tre mesi, sono stati già stanziati 33 miliardi di euro.

D- Sappiamo bene che i cambiamenti della macchina pubblica non sono facili, ma il sistema Paese abbisogna dello snellimento delle procedure, di una macchina burocratica più efficiente. Quali azioni sono state messe in campo per il suo efficientamento e a che punto di attuazione sono?

Già un anno fa, su queste stesse pagine, ricordavo come la riforma della Pubblica amministrazione prevista nel PNRR fosse stata in gran parte tradotta in norme. Negli ultimi mesi ci siamo dedicati a implementare le principali innovazioni, a partire dalla scommessa sul capitale umano pubblico. Abbiamo lanciato, a gennaio 2022, il piano strategico di formazione “Ri-formare la PA. Persone qualificate per qualificare il Paese”. Con il progetto “PA 110 e lode” abbiamo sottoscritto protocolli con oltre 70 atenei su tutto il territorio nazionale, che permettono a tutti i 3,2 milioni di dipendenti pubblici di iscriversi a corsi di laurea e master a condizioni agevolate. Con l’iniziativa “Syllabus” abbiamo avviato il potenziamento delle competenze digitali, offrendo pacchetti formativi in collaborazione con i top player del settore tecnologico, nazionali e internazionali. Il reclutamento nella PA ha cambiato volto grazie allo sblocco, alla digitalizzazione e alla velocizzazione dei concorsi, che ha permesso 45mila assunzioni nel 2021 e ne permetterà 100mila quest’anno, e grazie al portale inPA, che dal 1° novembre diventerà la porta d’accesso obbligatoria alla Pubblica amministrazione.

Abbiamo rinnovato i contratti di buona parte dei lavoratori pubblici: i dipendenti dei comparti funzioni centrali, sicurezza, difesa, soccorso pubblico, sanità. Entro luglio all’Aran confidiamo di chiudere anche il rinnovo per gli enti locali. Sono contratti importanti, perché danno concreta attuazione alla milestone del Pnrr che riguarda la riforma del pubblico impiego, prevedendo la revisione degli ordinamenti professionali e delle carriere, l’introduzione della quarta area per i funzionari dedicata alle elevate professionalità e il potenziamento della formazione. Non solo: per la prima volta nei contratti abbiamo regolato lo smart working, superando il lavoro agile “emergenziale” che abbiamo sperimentato durante le fasi più drammatiche della pandemia, e fissando diritti e doveri di amministrazioni e lavoratori.

L’impegno sulle semplificazioni non si è mai fermato e non si fermerà. Entro il 2026 dobbiamo reingegnerizzare 600 procedure amministrative (le prime 200 entro il 2024), per creare un catalogo valido in tutta Italia. Nel frattempo, stiamo intervenendo “chirurgicamente” dove serve, per esempio nel settore delle rinnovabili e, in particolare, del fotovoltaico. Ma anche nel mondo della disabilità e, più in generale, della fragilità: il mio obiettivo è “burocrazia zero” per i più deboli, cancellando l’assurdità di una regolazione nata per tutelarli che finisce per ritorcersi contro di loro.

D- In questo periodo le aziende agricole stanno cercando manodopera per la raccolta dei prodotti, ma non la trovano. Di contro ci sono migliaia di persone in ogni regione che dovrebbero ricercare il lavoro attraverso il sistema del “reddito di cittadinanza”. Perché il sistema non funziona? Cosa si dovrebbe fare in alternativa?

Nella legge di bilancio per il 2022, approvata lo scorso dicembre con il sostegno di tutta la maggioranza, abbiamo inserito una profonda revisione del reddito di cittadinanza, che prevede il coinvolgimento delle agenzie private per il lavoro e colloqui mensili in presenza con i beneficiari della misura. Confido nella piena attuazione della riforma per ridurre gli abusi e le distorsioni sul mercato del lavoro. Un mercato che, indubbiamente, dopo il “congelamento” di due anni dovuto alla pandemia, è ora in forte cambiamento. Questo può provocare qualche tensione, ma da qui a teorizzare la Grande Dimissione o la fuga dal lavoro ce ne corre. Anche in questo caso, come ho dimostrato in un saggio per Adapt con Michele Tiraboschi, i dati non lo confermano, perché le dimissioni in aumento nell’ultimo anno sembrerebbero correlate a un incremento della mobilità.

D- In questi giorni si sta discutendo sul tema del salario minimo. Qual è la sua posizione?

Ho ricordato in diverse occasioni come nel dibattito pubblico si stia facendo molta confusione tra tre questioni che andrebbero distinte: la criticità strutturale dei salari italiani, legata a bassa produttività e bassa crescita; le misure per i cosiddetti “working poor” e il fenomeno dei contratti “pirata”; gli interventi per contrastare la riduzione del potere d’acquisto dei salari per effetto dell’inflazione in aumento. L’accordo in sede Ue sulla direttiva sui salari minimi adeguati è stato equivocato, perché la direttiva nulla impone ai Paesi, come l’Italia, in cui la determinazione dei salari per una quota superiore all’80% dei lavoratori è garantita dalla contrattazione collettiva. È sbagliato anche richiamare l’esistenza di paghe “da fame” (3-4 euro l’ora) per giustificare il salario minimo per legge. Lo studio dei trattamenti minimi retributivi previsti dai contratti collettivi nazionali indica, infatti, che siamo di gran lunga sopra queste cifre in tutti i settori, eccetto il caso peculiare del lavoro domestico. Un’eventuale legge sul salario minimo, pure se fosse intorno ai 9 euro lordi, potrebbe comportare una fuga dal sistema di contrattazione collettiva, perché apparirebbe più oneroso per tante imprese e datori di lavoro. Il problema serissimo del lavoro povero dipende da altri fattori che non sarebbero affatto risolti dal salario minimo legale: il dilagare del lavoro nero, dei finti tirocini, del lavoro occasionale e delle finte partite Iva, nonché l’anomalia del lavoro autonomo professionale di nuova generazione a cui non si applicano i contratti collettivi. In sintesi, la strada da perseguire è un’altra, meglio se nell’ambito di un nuovo grande patto sociale: rinnovare i contratti, estendere l’applicazione dei contratti più diffusi, tagliare il cuneo, premiare la produttività.

D - Camera e Senato hanno votato con una grande maggioranza il discorso del Presidente Mario Draghi in vista del Consiglio Europeo che si è tenuto il 23 e 24 giugno, ma nel contempo c’è stata la scissione del Movimento 5 Stelle. Ciò metterà in crisi o in difficoltà il Governo?

Al contrario, lo rafforza. Come ho già avuto modo di sottolineare, la scissione di Luigi Di Maio è stata prodotta dalla necessità di evitare una catastrofe, ossia la caduta del Governo Draghi. Ha fatto bene Di Maio, ma ha fatto bene anche Conte a non insistere nel voler disarmare l’Ucraina. Io non so quale ricomposizione il sistema dei partiti troverà. Ma sono certo che, alla fine della legislatura, avremo messo in sicurezza il Paese dalla pandemia e dalla crisi economica. E avremo un patrimonio di progetti e investimenti per la transizione digitale ed ecologica. In due parole: crescita e futuro.