"Contratti, da Cgil e Uil ostruzionismo. Non metteremo più risorse sulla sanità"
Non metteremo risorse aggiuntive sui contratti per la sanità. L'ostruzionismo di Cgil e Uil è tutto politico, Landini esprime le sue aspirazioni sui tavoli negoziali...». Paolo Zangrillo, ministro per la Pubblica amministrazione, anticipa così ciò che il governo porterà in trattativa fra meno di dieci giorni, in un braccio di ferro che non pare fermarsi tra l'esecutivo di Meloni e due dei principali sindacati. Si dice «contrario al salario minimo e al referendum sulla cittadinanza», ma spera nell'apertura di una discussione urgente sullo «Ius scholae: lo richiede l'evoluzione veloce della società».
Ministro, il 18 giugno si riapre il tavolo negoziale con i sindacati.
«Sì, tratteremo i contratti del comparto sanità. Ma ciò che noi come governo dovevamo portare sul tavolo lo abbiamo
già fatto un anno e tre mesi fa, quando le trattative sono iniziate. Negli ultimi giorni è ripreso il dialogo sulla parte normativa del contratto».
Su cosa in particolare?
«Il miglioramento della turnazione: una richiesta sulla quale vogliamo venire incontro ad alcuni sindacati autonomi
che hanno acquisito il fatto che, sulle risorse, non c'è altro da aggiungere».
Cgil e Uil non sembrano d'accordo, però.
«Considero abbastanza surreale che ci siano dei sindacati che fanno ancora ostruzionismo. Questa è la prima volta
nella storia repubblicana che un governo mette 20 miliardi sui contratti pubblici in due manovre di bilancio che insieme valgono circa 60 miliardi, garantendo la continuità contrattuale e non proroghe che durano due-tre anni».
Si riferisce al passato?
«Io sono arrivato nel 2022 e per buona parte del mio mandato ho dovuto lavorare sulle annate 19-21 che non erano
ancora state chiuse. Le risorse che noi abbiamo messo, invece, copriranno le spese fino al 2030, garantendo un incremento retributivo del 6-7% per ciascuna tornata».
Ma...?
«Ma a fronte di questo Cgil e Uil parlano ancora di "poche risorse". E allora perché non hanno alzato le stesse barricate nel 2016-2018 (governo Gentiloni, ndr), quando con un'inflazione accumulata al 12% hanno accettato un contratto con aumenti del 3-4%? La loro mi sembra una posizione politica».
Sindacati di sinistra contro un governo di centrodestra?
«Io sicuramente vedo una posizione sindacale che non si giustifica da un punto di vista negoziale. Landini avrà aspirazioni per il suo futuro e le sta esprimendo ai tavoli, e tutto questo a danno dei lavoratori. Dicono "no" a risorse stanziate e allo stesso tempo ci chiedono il salario minimo».
Perché lei è contrario?
«L'Italia è un esempio di contrattazione collettiva. Io ritengo che sia giusto che la definizione dei salari avvenga
in un percorso negoziale tra datori e parti sociali. Definire i salari per legge mi pare una soluzione che smentisce la
storia sindacale di questo Paese. Sono quindi assolutamente contrario al salario minimo: la stessa Europa parla della sua utilità in caso mancasse un'esperienza negoziale».
Ha votato al referendum?
«No, sono a Venezia. Ma comunque non ci sarei andato… Se c'è un quorum, significa che il non presentarsi alle urne è stato considerato come diritto dallo stesso costituente».
Le piace il Jobs act?
«Per la parte che si riferisce alla legislazione sul lavoro, inizio constatando che c'è qualche partito che deve far pace col cervello: prima fanno la legge poi chiamano i cittadini a raccolta per abrogarla. Dopodiché io penso che il Jobs act abbia introdotto novità importanti in linea con il contesto mutevole del mondo del lavoro: eliminarlo significherebbe tornare agli anni '70».
Però c'è anche il tema cittadinanza, caro a Forza Italia…
«Il tema è molto delicato: io credo che non si debba lasciare una decisione così importante al referendum. Si
decida in Parlamento».
Come va il dialogo sullo Ius scholae?
«Su questo tra alleati abbiamo sensibilità diverse, anche se l'esperienza ci insegna che una sintesi la troviamo sempre. Ora effettivamente non è tra le priorità del governo, ma il mio partito crede che una riflessione debba essere fatta in
fretta, visti anche i fenomeni migratori importanti».
L'asso nella manica di Forza Italia è Fedez?
«Assolutamente no. Bene affrontare il tema del disagio giovanile, prioritario, strano farlo fare a un personaggio che per
contesto lavorativo e vita non rappresenta i ragazzi di oggi. Fortunatamente, però, frequento un partito che mi consente di esprimere le mie posizioni liberamente».