La Stampa - Giuseppe Bottero

Paolo Zangrillo: "Aumenti per due milioni di statali. Smart working, non si torna Indietro"

28 novembre 2022

Respinge gli affondi di Landini e Conte: «La prima preoccupazione della Legge di Bilancio è stata dare una risposta alle persone più disagiate». Difende la "tregua fiscale" da chi la accusa di strizzare l'occhio agli evasori: «Il problema delle cartelle esattoriali riguarda decine di migliaia di persone: non tutte sono da punire». E garantisce che, sullo smart working, per gli statali non ci saranno retromarce: «È sbagliato pensare che non funzioni, l'importante è organizzarsi. Ma può essere uno strumento molto utile». Il ministro Paolo Zangrillo, già coordinatore di Forza Italia in Piemonte, racconta di aver passato il primo mese di governo «a studiare, con l'obiettivo di dare continuità alle azioni che puntano alla semplificazione e all'innovazione e combattere la falsa narrazione che la Pubblica amministrazione sia lenta e ripiegata su sé stessa».

Zangrillo, ha trascorso tutta la vita a lavorare nelle grandi aziende, da Magneti Marelli ad Acea. Che cosa può portare un manager nel comparto pubblico?

«Se si vuole far funzionare una organizzazione, bisogna partire dal mettere al centro le persone che ne fanno parte. Bisogna investire sui 3,2 milioni di dipendenti pubblici, per renderli consapevoli delle responsabilità e del ruolo che ricoprono, fornendo loro strumenti adeguati anche attraverso una formazione mirata, così da accrescere motivazioni e senso di appartenenza».

Da dove si parte?

«Sono appena stati firmati i rinnovi di contratti attesi da tempo, che riguardano 2,2 milioni di dipendenti, circa l'85% del personale pubblico. Introducono benefici retributivi importanti, che permettono a sanitari, insegnanti e dipendenti degli enti locali di trascorrere un Natale più sereno, ma innovano anche le regole sulla classificazione professionale e liberalizzano i percorsi di carriere, economici e giuridici, coniugando merito, formazione ed esperienza professionale».

L'inflazione però continua a correre e nel Paese ci sono sei milioni di lavoratori che hanno il contratto scaduto...

«La manovra che il governo si appresta a varare prevede misure importanti a favore di famiglie e imprese colpite da una crisi causata prima dalla pandemia e poi dalla guerra in Ucraina. Viviamo in un'epoca difficile, nella quale siamo tutti chiamati alla responsabilità. Da parte mia non mancherà certo l'impegno per far fronte alle esigenze dei dipendenti pubblici, per metterli nelle condizioni di soddisfare al meglio le domande di cittadini e imprese».

Parliamo della manovra, allora. Il segretario della Cgil l'ha definita contro i poveri, il capo della Confindustria ha accusato il governo di non avere una visione. E Giuseppe Conte ha detto che «Meloni spingerà il Paese in recessione». Si poteva fare di più? 

«La prima preoccupazione della Legge di Bilancio è stata quella di dare una risposta alle persone più disagiate. I provvedimenti che rispondono alla crisi energetica sono orientati ad avvantaggiare le fasce più deboli. La direzione è quella giusta, ora si tratta di continuare su questa strada».

Sempre secondo Conte e Landini, la manovra «aiuta gli evasori». Che cosa replica?

«Il problema delle cartelle esattoriali riguarda decine di migliaia di persone e non tutte sono da punire. Far pace con il Fisco significa poi ricostruire il rapporto tra cittadini ed Erario ed è proprio questo che intende fare la manovra».

Che atteggiamento adotterà nei confronti dello smart working? Pensa che potrebbe essere incrementato se il caro-bollette pesasse troppo?

«Con la pandemia il numero di lavoratori italiani che hanno lavorato in smart working è passato da 500mila a 5 milioni. È sbagliato pensare che nella pubblica amministrazione non funzioni. Ci sono già molteplici contratti collettivi che ne prevedono il ricorso. L'importante è organizzarsi: se siamo capaci di organizzare il lavoro agile in modo da garantire la produttività, passando da una logica di controllo alla misura del risultato e alla verifica delle performance, penso allora si tratti di uno strumento utile».

Mentre il progetto della rete unica sembra ormai diventato un labirinto senza uscita, lei ha lanciato un allarme: la debolezza delle telecomunicazioni preoccupa l'intero settore pubblico. Perché?

«È una debolezza che sconta la mancanza storica di una politica industriale per il settore, in grado di mettere in relazione obiettivi e strumenti con riguardo alle diverse componenti dell'ambiente digitale. Un passaggio fondamentale per ridurre il divario rispetto al panorama europeo è, ad esempio, l'implementazione delle semplificazioni amministrative come pure riequilibrare l'approccio regolamentare verso la sostenibilità e supportare gli investimenti per l'efficienza energetica e la sostenibilità ambientale».

Seppur tra mille ostacoli, il Pnrr sta per passare alla sua fase attuativa. Come cambierà l'amministrazione pubblica?

«La vera sfida è trasformare le idee in realtà. Se guardo a un orizzonte di cinque anni, immagino una P.A. considerata dai cittadini come una opportunità, anziché un ostacolo, più flessibile e più agile, così da favorire un rapporto più semplice e diretto con l'utente. Ed immagino anche un rapporto più sinergico con gli enti locali che amministrano i nostri territori, vera risorsa del Paese. Il Pnrr prevede investimenti per oltre 1,2 miliardi di euro. Si tratta di una opportunità straordinaria e irripetibile, un treno che passa una sola volta. Non lo perderemo».