Il Foglio - Renato Brunetta

Brunetta: “Basta propaganda sul Mes, siate ragionevoli: rafforza l’Italia”

22 febbraio 2022

Dal mio discorso del 9 dicembre 2020 difronte ai colleghi della Camera dei deputati. “Il Parlamento italiano, votando in maniera unanime sul quinto scostamento di bilancio per combattere la “pandemia economica”, diede al Paese un grande segnale di coesione, di condivisione, di unità, di forza e di speranza. Era un voto per l’Italia e mi onoro di aver lavorato per quel risultato. Oggi, invece, mi addolora costatare che in Aula non ci sia quello stesso spirito, nel dare pieno mandato al Presidente del Consiglio per il prossimo Eurosummit.

Purtroppo è prevalsa la propaganda, lo spirito di parte, di schieramento, piuttosto che di unità. Ma così si indebolisce il Paese, non vince nessuno, è un gioco a somma negativa e l’Italia rischia di rimanere isolata.

Il tema del contendere è la riforma del cosiddetto Fondo Salva-Stati. Per scienza e coscienza, secondo la formula di Ippocrate (in questo Paese malato forse Ippocrate ci sta anche bene), penso che il nuovo Mes (seppur imperfetto e ancora intergovernativo) sia migliore di quello creato in quel lontano e infausto 2012 (anno dell’Unione bancaria malamente costruita, del Fiscal Compact e della crisi finanziaria dei debiti sovrani, ma anche, per fortuna, anno del ‘whatever it takes’ di Mario Draghi), e che l’Europa di oggi sia migliore di quella di allora, un’Europa che nel dolore della pandemia, ha finalmente trovato una strada solidale, comunitaria, del ‘ci si salva tutti insieme’.

Nel 2012 era un’Europa calvinista, dei “compiti a casa”, del debito come ‘colpa’ (nell’accezione tedesca), delle cicale e delle formiche, delle pesanti condizionalità, con il Mes e la sua natura intergovernativa, costruito in fretta e furia, con il Mes a rappresentare quella cultura e quella miopia di allora. Oggi, invece, siamo dentro una nuova fase e un nuovo paradigma. Il “nuovo Mes” rappresenta il ponte tra la vecchia Europa di egoismo e la nuova Europa solidale che sta per nascere. L’hanno chiamato ‘momento Hamilton’, ‘momento Merkel’, io lo chiamerei ‘Momento Europa’, dei nostri Padri fondatori. Con il vecchio Mes, si è fatta nascere la linea di credito pandemica per salvare le vite; con il nuovo Mes si farà nascere quel fondo per salvare le banche, che vuol dire salvare le economie e i risparmi dei cittadini.

Con il backstop mettiamo fine alle conseguenze di quella tragica passeggiata a Deauville di Merkel e Sarkozy del 18 ottobre 2010, che provocò la crisi dei debiti degli Stati sovrani: “se un Paese si trova in stato di insolvenza, chi detiene i suoi titoli di Stato dovrà pagarne le conseguenze subendo un taglio del loro valore nominale”. L’errore di Merkel e Sarkozy verrà cancellato grazie al nuovo Mes che ha tutti i difetti di questo mondo, ancora intergovernativo, poco trasparente, ma il nuovo Mes, con il suo salva-banche, metterà fine a quel tragico errore dell’asse franco-tedesco del “private sector involvement”. Per queste ragioni, io non voterò contro la riforma del Trattato. Io voterò in dissenso dal mio partito. Il no alla riforma non sarà in mio nome”.

Veniamo al presente. La riforma del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) è ormai una vicenda vecchia di anni e non ancora conclusa. Per l’entrata in vigore del Trattato che lo regola, infatti,è necessaria la ratifica di tutti i 19 paesi membri dell’eurozona. All’appello mancano la Germania, che è in attesa di un pronunciamento della sua corte di Karlsruhe che dia il via libera al provvedimento di legge già votato del parlamento tedesco e l’Italia.

Da noi il dibattito è stato irrazionalmente, come abbiamo visto,molto acceso, tra chi da una parte, dicendo sì al Mes, ha detto sì all’Europa, alla moneta unica, alle quattro unioni, in particolar modo a quella bancaria e alla necessità di avere un fondo di garanzia per poter finanziare il meccanismo di risoluzione delle banche europee; dall’altra chi ha sostenuto il no, appellandosi a ragioni di limitazione della sovranità nazionale e invocando lo spauracchio del “commissariamento europeo” nei confronti del nostro paese.

Quel dibattito sta proseguendo anche in questi giorni. Le paure sono le stesse, ma è il contesto della governance economica europea ad essere radicalmente cambiato. Infatti, con l’avvento del Next Generation Eu, l’Europa, semplicemente, non è più la stessa di prima. Questo strumento, assieme alla sospensione temporanea delle regole del Patto di Stabilità e Crescita e all’introduzione di un Temporary Framework sugli aiuti di Stato, segnano un vero e proprio spartiacque tra la “vecchia” e la “nuova” Europa.

Diciamolo chiaramente: la riforma del Mes va approvata al più presto e non deve fare paura proprio perché il contesto è mutato. Ma perché dire di sì adesso a questa ratifica? Il paradigma della condizionalità dell’erogazione dei fondi in cambio di riforme è stato definitivamente sdoganato proprio dai fondi arrivati con il Next generation Eu e dopo un anno di sperimentazione possiamo ragionevolmente affermare che questo meccanismo di governance economica sta funzionando. Potrebbe funzionare ancora meglio se proprio il Mes venisse utilizzato in forma sussidiaria e per coadiuvare i fondi del NGEU, in maniera da dare un utilizzo concreto ai circa 500 miliardi di euro attualmente giacenti nelle casse dello strumento e investiti sui mercati finanziari, neanche il Mes fosse una normale banca d’affari.

Come il Mes sanitario era stato pensato per finanziare l’emergenza pandemica europea ora il Mes nel nuovo modello di governance europea deve servire per finanziare la ripresa delle economie finanziando beni pubblici su scala europea. D’altronde, è stato lo stesso presidente del Mes Klaus Regling a proporre di impiegare più efficacemente i fondi dello strumento che governa, all’interno di una visione olistica della governance europea che comprenda anche la riforma del Patto di Stabilità e Crescita. Possibile solo a condizione che prima il processo di ratifica del Trattato sia concluso. Per questo dobbiamo affrettarci. La ratifica del Mes è un passaggio indispensabile alla luce del dibattito in corso sulla governance economica e arricchirebbe la cassetta degli attrezzi dei policy maker europei dotando l’Unione europea di una capacità di bilancio aggiuntiva. E chiudere, così, un pezzo di storia dell’Unione certamente non esaltante. Ma, si sa, l’Europa “sarà forgiata nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni adottate per quelle crisi”.