Il Gazzettino - Renato Brunetta

Tre proposte per ricomporre il "mosaico" Venezia

21 maggio 2021

Torno a Venezia dopo molti mesi drammatici in cui è successo di tutto in Italia e nel mondo: acqua granda, Covid, lockdown, crisi economica. Torno con la consapevolezza che avrei forse potuto fare di più per la mia città, sia dai banchi dell’opposizione in Parlamento, sia come cittadino. Ora, da tre mesi, la mia vita è cambiata e sento il dovere di un rinnovato impegno, unico ministro veneziano del Governo Draghi. Con umiltà, ma anche mettendoci tutta la mia storia – nel 2010-2011 sono stato ministro con delega a riformare la legge speciale – e il mio amore di veneziano di Cannaregio. Detto questo, dove eravamo rimasti?

Innanzitutto i 538 milioni di euro destinabili dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) al completamento del Mose vanno sbloccati subito per far sì che un nuovo, ultimo, “atto aggiuntivo” definisca i lavori dei quali si occuperanno ancora il Consorzio Venezia Nuova, gestito dal Commissario liquidatore, e le sue imprese, sotto l’attenta regia del Commissario sbloccacantieri, prima che il completamento del “sistema Mose” passi al Provveditorato alle Opere Pubbliche, in attesa che il tutto rientri nella competenza della neo istituita Autorità per la laguna, magari ridisegnata come si dirà più avanti. Ma questo deve anche essere l’ultimo finanziamento straordinario. La nuova stagione di gestione della salvaguardia, quella affidata all’Autorità per la laguna, deve uscire dal regime di finanza derivata unicamente soggetta all’altalenante buon cuore del bilancio dello Stato e contare anche su risorse fiscali proprie, endogene, legate alle attività che prosperano grazie alla laguna, all’Adriatico e al nome di Venezia. Insomma più responsabilità.

Occorre uscire poi al più presto da uno stallo insostenibile, durato troppo tempo – i cinque anni che vanno dallo scoppio delle vicende giudiziarie del 2014 alla disastrosa acqua granda del 12 novembre 2019, per far sì che la Repubblica – cioè lo Stato, la Regione e gli enti locali, Città metropolitana di Venezia su tutti, in leale collaborazione – la Repubblica, dicevamo, torni, con nuovi protagonisti, a garantire la salvaguardia e la vitalità socioeconomica di Venezia e della sua laguna, come recita l’articolo 1 della legge speciale del 1973: un impegno assunto di fronte al mondo che in questo momento di possibile agognata uscita dalla crisi da Covid-19 si presenta più delicato che mai. Basta caos delle competenze.

Un obiettivo oggi possibile purché si metta ordine con decisione nel mosaico di provvedimenti che si è andati componendo dopo la disastrosa acqua alta del 12 novembre 2019. Dalla nomina di un Commissario sbloccacantieri alla costituzione dell’Autorità per la laguna, fino al lancio del concorso di idee per la realizzazione di punti di attracco fuori laguna per le grandi navi da crociera e le navi portacontenitori oceaniche. Provvedimenti accelerati dal 3 ottobre 2020, quando il successo del primo vero impiego dell’intero sistema di paratie alle tre bocche ha scardinato, con i fatti, tutte le insinuazioni sulla “inutilità” del Mose. Onore al merito a chi nel Mose ha sempre creduto.

Il mosaico, però, ha oggi bisogno di correttivi drastici e di essere completato lavorando su norme e organizzazioni che riguardano tutte le tessere: in primis quella della neonata (male) Autorità per la laguna, che assorbirà  le competenze del Magistrato alle acque e, in parte, degli enti locali con i quali dovranno essere ricercati elementi di convergenza, ma anche della sua “società in house” che non disperderà le competenze accumulate dal Consorzio Venezia Nuova in liquidazione; il Comitato Istituzionale per la salvaguardia di Venezia, che rimpiazzerà il Comitatone; e l’Autorità di Sistema portuale, che dovrà essere messa in sintonia con quella per la laguna, anche con appositi interventi normativi, e ridisegnare, dentro e fuori la laguna, le sue infrastrutture nel segno della sostenibilità. Chiarezza e tempestività.

Tre dunque sono le questioni cruciali da affrontare per ritornare a una politica attiva di protezione e valorizzazione del bene culturale Venezia, delle sue “pietre” e delle donne e degli uomini che la abitano e che meritano una città “vivibile”.

La prima è che si ritorni orgogliosamente al programma originario di salvaguardia incentrato sul sistema Mose. Un programma che non è fatto solo di paratie mobili, ma di attività funzionali alla loro gestione e manutenzione; e poi di rialzi e interventi diffusi, a partire dalla difesa locale della Basilica di San Marco; di opere complementari di mitigazione e compensazione ambientale, quelle richieste dall’Unione Europea, che rimandano  al completamento delle opere di disinquinamento della laguna, a cominciare dalla rete di marginamento delle macroisole di Porto Marghera; di rifinanziamento di un nuovo ciclo trentennale di manutenzione del patrimonio edilizio di Venezia insulare etc.

Ma, e questa è la seconda questione cruciale, occorre che la “salvaguardia” non confligga tragicamente con la “rivitalizzazione”. Per farlo occorre porre mano alla realizzazione delle opere complementari portuali: quelle – conca di navigazione a Malamocco e punto di attracco fuori laguna per le navi portacontenitori oceaniche (non per niente oggetto del decreto legge “grandi navi” già ricordato) – necessarie a garantire, secondo quanto prescritto ancora in sede di approvazione del progetto Mose, la piena accessibilità al porto anche a barriere mobili sollevate. Una prescrizione che ci si era “dimenticati” di includere nel “prezzo chiuso” della convenzione Mav-Cvn e dei suoi atti aggiuntivi, ma che è stato oggetto di più convenzioni Mav-Autorità portuale, e addirittura oggetto di finanziamento per l’avvio della sua realizzazione. Tema cruciale, lo ribadisco, perché il vento del Covid che ha messo in crisi la filiera turistica delle città d’arte ha reso evidente che la città di Venezia – quella metropolitana più ampia nella quale la laguna è risorsa preziosa – ha disperato bisogno di diversificare la sua base economica, tornando ad arricchirla di quelle attività marittimo-portuali che hanno fatto grande la Serenissima. È intervenendo sapientemente sulla laguna che Venezia può dimostrare al mondo che rispetto dell’ambiente e uso di nuove tecnologie possono interagire proficuamente per disegnare la città, l’economia e la società, verdi e digitali, di domani.

Ma, terza e decisiva questione, occorre che l’intero processo di “salvaguardia e rivitalizzazione” sia affinato per essere stabilmente affidato a istituzioni “repubblicane”, a partire dall’Autorità per la laguna di Venezia, da riformare, ancor prima che entri in funzione, per metterla in condizione di comporre obbligatoriamente tre “faglie”: quella del potenziale conflitto “verticale” tra Stato, Regione del Veneto, Città metropolitana e Comune di Venezia; quella del potenziale conflitto “orizzontale”tra amministrazioni statali, ossia tra l’amministrazione attiva, oggi il Ministero per le Infrastrutture e la mobilità sostenibili, e quelle di controllo, oggi il Ministero della Transizione ecologica e il Ministero della Cultura; e quella tra Autorità che “proteggono” la laguna, come quella appena costituita, e Autorità che la laguna la “valorizzano” nel solco della tradizione, come l’Autorità di sistema portuale.

Per ottenere il risultato occorre reintervenire drasticamente sulle norme istitutive dell’Autorità per la laguna prevedendo, allo stesso tempo, una loro semplificazione e un rafforzamento della loro specialità. Un obiettivo delicato che impone una imputazione esplicita e diretta della definizione delle direttive strategiche dell’Agenzia per la laguna alla Presidenza del Consiglio, a garanzia della cessione di potere da imporre ai ministeri e del riequilibrio tra poteri centrali e locali che valorizzi il ruolo della Città metropolitana e con esso la voce e la volontà democratica dei veneziani.

La nuova Autorità e il suo comitato istituzionale devono essere dotati dei poteri che eliminino le prime due faglie: i conflitti potenziali verticali e orizzontali. E l’Autorità per la laguna, drasticamente semplificata, deve poter farsi carico – terza faglia – sia della tutela che della valorizzazione della laguna (leggi il suo uso a fini portuali ammodernati con le proiezioni extra-lagunari). Solo così potranno essere eliminati i conflitti striscianti che continuano a costituire la causa principale dei ritardi su ogni intervento di salvaguardia fisica, di salvaguardia ambientale e di valorizzazione economica (la vicenda pluriennale di incapacità di modificare il protocollo fanghi per l’escavo dei canali lagunari ne è solo un esempio).

È una intera architettura istituzionale che va dunque ripensata nelle competenze e nelle forme di finanziamento, nel nome di quella “leale collaborazione” che Venezia e la sua laguna hanno il diritto-dovere di pretendere. Proprio per questo farò il possibile affinché il Governo si impegni finalmente a rifinanziare in modalità strutturale e pluriennale l’attuale legge speciale, con risorse da conferire direttamente ai bilanci del Comune di Venezia e degli altri comuni di gronda.

Da subito però pensiamo ai veneziani tutti, alla base economica della città messa in ginocchio dalla pandemia e alle imprese che hanno lavorato al Mose e che rischiano di fallire: non ci possiamo permettere di perdere gli uni e le altre. Insomma, ricominciamo a guardare al futuro partendo dal presente. E che Dio ci aiuti, “dienaì, dienaì, dienaì”, in mare e in terra.