Libero Quotidiano - Hoara Borselli

«Superiamo il posto fisso»

1 agosto 2023

Paolo Zangrillo, genovese, 61 anni, è il ministro della Pubblica amministrazione. Viene da una lunga carriera come manager. Sia nell'industria privata (Iveco, Magneti Marelli) sia nelle aziende pubbliche (Acca). È entrato in politica nelle file di Forza Italia e dal 2018 è parlamentare. È una persona dalle idee semplici e chiare. E ha voglia di realizzarle. Ora si trova tra i flutti della battaglia politica che si è sprigionata con la riforma del reddito di cittadinanza.

Ministro Zangrillo, la sospensione del reddito di cittadinanza per migliaia di percettori abili al lavoro rischia di generare rivolte sociali. Nella Pa sono all'attivo più di 100mila assunzioni in soli 6 mesi. Perché non invitare gli ex percettori con i requisiti a tentare i concorsi?

«Stiamo facendo un lavoro di straordinaria complessità nel rinforzare i nostri uffici, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. L'obiettivo di 170mila assunzioni nel 2023 risponde esattamente a questa esigenza. I concorsi sono aperti a tutti e, quindi, anche agli ex percettori del Reddito di cittadinanza. Auspico di vedere un numero sempre maggiore di cittadini, e di giovani in particolare, considerare la Pa come una importante opportunità di lavoro. Vorrebbe dire che le tantissime iniziative realizzate in questi mesi per renderla più attrattiva, dai concorsi digitali alla rinnovata gestione dei processi di formazione, alle politiche di valorizzazione del merito, stanno funzionando».

Si accusa il governo di voler far cassa sulla pelle dei poveri. Lei come reputa la scelta di tagliare questa misura?

«Quando fu varata la misura del Reddito di Cittadinanza ero in Commissione Lavoro alla Camera e ricordo l'allora ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, celebrare la sconfitta della povertà. Sappiamo come sono andate le cose. Chi oggi agita lo spettro della piazza punta soltanto al facile consenso, ispirato da logiche elettorali. È un comportamento irresponsabile perché pericoloso. Il sostegno alle fasce più deboli della popolazione è invece un problema serio, che non si risolve con gli slogan, ma cercando soluzioni reali: per uno Stato di diritto aiutare le persone in condizioni di povertà, e che non hanno la possibilità di lavorare, è un dovere e questo governo lo sta facendo. Chi si aspetta racconti di fantasia rimarrà deluso, noi vogliamo far accadere le cose».

Puntare sul lavoro e non sull'assistenza è la ricetta della Premier Meloni. Quanto la Pa può contribuire all'aumento degli occupabili?

«Dobbiamo creare le condizioni affinché tutti gli abili al lavoro possano giocarsi le proprie carte. Il governo di centrodestra sta mettendo a punto politiche che favoriscono l'incontro tra domanda e offerta, incentivando le imprese al reclutamento attraverso una significativa detassazione, e introducendo nuovi importanti sussidi, come l'assegno di inclusione. In questo percorso il contributo della Pubblica amministrazione può essere davvero significativo: la nostra sfida è essere capaci di offrire opportunità di occupazione, anche attraverso nuove soluzioni come apprendistato e formazione lavoro, che guardano in particolare ai giovani».

Ministro c'è un grande dibattito politico sul salario minimo. Lei cosa ne pensa a riguardo?

«Condivido il contenuto della direttiva europea sul salario minimo, che credo in pochi abbiano letto. Quel documento invita i Paesi dell'Unione a sviluppare la contrattazione collettiva. In questo l'Italia è all'avanguardia e non credo che definire per legge un salario minimo sia la soluzione al lavoro povero. Abbiamo la possibilità di utilizzare, e valorizzare, la decennale esperienza che il Paese ha maturato nelle relazioni industriali. Quella della contrattazione collettiva è la strada da perseguire per garantire agli italiani salari adeguati come richiama la nostra Costituzione. Su questo Forza Italia ha da poco presentato una proposta di legge che va nella direzione di valorizzare la contrattazione tra le parti».

La burocrazia è il male principale dello Stato italiano. E brucia miliardi. E paralizza l'impresa e l'iniziativa individuale. Lei cosa si propone di fare per ridurla?

«La burocrazia deve tornare al servizio di famiglie e imprese, per un dialogo più facile con le organizzazioni pubbliche. Questo significa liberare gli italiani dalle lungaggini e dalle complicazioni, agevolandone così la vita di tutti i giorni e, al tempo stesso, recuperando risorse da destinare agli investimenti. Abbiamo avviato un ambizioso percorso di semplificazione, in linea con quanto richiesto anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ci chiede di rivedere seicento procedure entro il 2026. A breve presenteremo un secondo pacchetto di misure, che si aggiungono a quelle già varate nei mesi scorsi, per anticipare di un anno l'obiettivo Pnrr di semplificare duecento procedure entro il 2024. Lavoriamo inoltre alla riforma dei controlli sulle imprese, per passare dalla logica ispettiva-punitiva a un approccio collaborativo senza rinunciare alla tutela degli interessi pubblici. Un obiettivo che non deve tradursi in oneri superflui per il nostro sistema impresa».

Abuso d'ufficio, il reato che taglia le gambe agli amministratori. Lei cosa ne pensa?

«Per come è stata pensata, la fattispecie di reato ha completamente fallito il suo obiettivo e lo dimostrano i proscioglimenti, che sono oltre il 92%. Anziché assicurare trasparenza e correttezza dei comportamenti, è finito col diventare una minaccia per i funzionari pubblici, ingenerando la cosiddetta paura della firma. Un ostacolo alla crescita, che per troppo tempo ha paralizzato anche l'azione di tanti sindaci per il timore di incorrere in procedimenti giudiziari eterni e costosi. Penso sia il tempo di ripensare al ruolo e alle responsabilità dei nostri amministratori basandosi sul principio della fiducia. Per combattere i comportamenti malevoli, del resto, la nostra legislazione dispone già di efficaci strumenti».

Forza Italia cosa sarà dopo Berlusconi?

«Negli ultimi trent'anni Silvio Berlusconi è stato il protagonista della vita politica italiana, che ha rivoluzionato con le sue idee. Il centrodestra è una sua invenzione e Forza Italia ne è il centro di gravità, vero e proprio punto di riferimento per tutto il popolo moderato. È stato lui ad avviare la riforma del fisco, della giustizia, della burocrazia, un percorso che caratterizzerà la storia di Forza Italia anche nel futuro. Silvio Berlusconi non c'è più, ma il berlusconismo rimane solido e attuale: non potremo più contare sulle grandi capacità del nostro presidente fondatore, ma abbiamo le idee molto chiare su quello che dobbiamo fare per non disperderne la visione».

Tajani saprà imporre la sua impronta al partito?

«Il gruppo dirigente di Forza Italia sta lavorando in modo compatto. Antonio Tajani è una risorsa indiscutibile per il partito. Ha accompagnato Silvio Berlusconi in tutto il suo percorso politico, acquisendo credibilità e riconoscibilità a livello nazionale e internazionale. Poter contare su di lui, oggi, è un grande valore aggiunto».

Il congresso compatterà Forza Italia o c'è il rischio di divisioni?

«Chi pensa di utilizzare il congresso come un ring in cui far valere le proprie ambizioni individuali dovrà fare i conti con la stragrande maggioranza di Forza Italia, che è concentrata a valorizzare le esperienze sin qui maturate per continuare ad essere un valore aggiunto irrinunciabile per il governo del Paese. Auspico quindi un congresso unitario, in cui si parli di quello che serve al Paese piuttosto che delle aspirazioni dei singoli. I nostri elettori ci vogliono uniti e concentrati sulle complesse priorità da affrontare».

Come intende agire, ministro, per rafforzare la capacità amministrativa degli enti pubblici?

«Negli ultimi mesi abbiamo adottato diversi provvedimenti pensati proprio per rafforzare le competenze delle amministrazioni centrali e degli enti territoriali. Viviamo in un'epoca di grandi cambiamenti, in cui le innovazioni ci costringono a un continuo aggiornamento. Dobbiamo quindi lavorare con grande intensità per consolidare le competenze dei nostri dipendenti. Non solo nuove assunzioni, dunque, ma anche investimenti in formazione, un asset fondamentale per il successo di una moderna organizzazione al pari della semplificazione dei processi».

Ha scelto il manager Giovanni Anastasi come nuovo presidente di Formez Pa. Da cosa è maturata questa scelta e quale contributo si aspetta da questa nomina?

«Alla governance delle procedure concorsuali e alla gestione della leva della formazione del personale, le mission storiche del Formez Pa, abbiamo aggiunto l'assistenza tecnica alle amministrazioni, soprattutto quelle più piccole, per l'attuazione del Pnrr. Per guidare una realtà così importante per il funzionamento dei nostri enti serviva una persona capace di costruire una visione. Un manager con un significativo bagaglio di esperienze dal punto di vista dell'innovazione di processo e capace di lavorare per obiettivi. Il curriculum del dottor Anastasi corrisponde alla perfezione a questo identikit».

Per concludere lei ha dichiarato che per «rendere attrattiva la nostra organizzazione» bisogna abbandonare «la narrazione del posto fisso» ...

«L'attrattività di un impiego non è fatta solo dalla stabilità del posto, che pur rappresenta un valore, ma dalla possibilità di offrire percorsi professionali di crescita, orientati alla valorizzazione del merito. Oggi quello che conta è disporre di un bagaglio di competenze, e di esperienze, che consenta a ciascuno di vivere il mercato del lavoro senza ansia. Il turn over, la mobilità professionale, sono ormai una realtà ineludibile. Per questo diventa fondamentale curare la crescita e il benessere organizzativo dei lavoratori».