Parere in merito all’interpretazione dell’articolo 110, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 in tema di aspettativa

Aspettativa per lo svolgimento di incarichi a tempo determinato 

Versione testuale del documento

 

Al Comune (omissis)

e, p.c.      Al Ministero dell’economia e delle finanze

Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato

I.G.O.P.

 

Oggetto:  Parere in merito all’interpretazione dell’articolo 110, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 in tema di aspettativa.

 

Si fa riferimento alla nota omissis, acquisita in pari data al protocollo di questo Dipartimento con omissis, con cui codesto comune chiede di chiarire se sia tenuto a concedere l’aspettativa di cui all’articolo 110, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per la durata di un incarico conferito ai sensi del comma 1 della medesima disposizione, ovvero se la sua fruizione sia comunque subordinata alla previa valutazione delle esigenze organizzative dell’amministrazione di appartenenza del dipendente interessato che, ove ritenute prevalenti, potrebbe indurre la stessa a negarla o differirla.

In merito, si rappresenta quanto segue.

Come noto, la vigente formulazione del comma 5 dell’articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, secondo cui “Per il periodo di durata degli incarichi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo nonché dell'incarico di cui all'articolo 108, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio”, è frutto della modifica apportata dall’articolo 11, comma 1, lett. b), del decreto - legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, con cui il legislatore - anche nel quadro di un intervento più complessivo volto ad innovare la regolamentazione degli incarichi conferiti ai sensi della medesima disposizione - ha inteso delineare la disciplina applicabile ai dipendenti pubblici che assumono gli incarichi ivi indicati presso gli enti locali.

Si rammenta che, nella vigenza della precedente formulazione della norma, l’attribuzione di incarichi a tempo determinato, ai sensi dell’articolo 110 del richiamato d.lgs. n. 267/2000, comportava per il dipendente la risoluzione di diritto, con la conseguenza che la sua riassunzione poteva essere disposta previa richiesta e comunque subordinatamente alla vacanza del posto in organico.

Con la citata novella del comma 5 dell’articolo 110 è stata individuato per legge - in analogia con quanto già previsto dal comma 6 dell’articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 per le amministrazioni dello Stato e per gli enti pubblici - il regime giuridico che, in armonia con la disciplina in materia di esclusività del rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni e di divieto di cumulo di impieghi pubblici di derivazione costituzionale, possa consentire l’attivazione dei rapporti di lavoro di natura subordinata a tempo determinato con gli enti locali, ai sensi della disposizione in argomento e dell’articolo 108 dello richiamato decreto legislativo.

Anche in relazione alle modifiche apportate al comma 1 del medesimo articolo 110, la norma mira ad agevolare il ricorso negli enti locali agli incarichi a contratto attraverso il superamento della cessazione obbligata del rapporto di lavoro e del conseguente rischio dell’impossibilità della successiva riassunzione nell’amministrazione di provenienza, garantendo, quindi, ai diretti interessati un quadro regolatorio certo.

La previsione di un istituto giuridico ad hoc, volto ad assicurare la compatibilità tra il rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso un ente locale e il contemporaneo svolgimento di un incarico conferito ai sensi della medesima disposizione e dell’articolo 108, non esclude, tuttavia, che l’Ente destinatario della richiesta di aspettativa possa valutare ponderatamente se, in relazione al fabbisogno di personale necessario per il perseguimento dei fini istituzionali, sussistano le condizioni per il suo accoglimento [1].

A tale conclusione si perviene sulla base di una lettura sistematica del medesimo comma 5 dell’articolo 110 che, nell’introdurre un regime giuridico precedentemente non contemplato, ne prescrive l’obbligatorietà allo scopo di consentire la  coesistenza di un contratto stipulato in base a tale disposizione in costanza di altro rapporto con la pubblica amministrazione, senza fornire tuttavia prescrizioni in ordine ad un eventuale affievolimento nell’esercizio dei poteri datoriali dell’amministrazione chiamata a disporre l’aspettativa.

Del resto, una diversa chiave di lettura della locuzione utilizzata dal legislatore (… “i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa…”), secondo cui in questi casi l’amministrazione di appartenenza potrebbe limitarsi solo a prendere atto della volontà del dipendente interessato di fruire dell’aspettativa, non appare condivisibile.

Infatti, sul punto, occorre tener presente la ratio della norma che è da ricercare nella volontà di definire in modo univoco la disciplina applicabile a valle dell’instaurazione del rapporto di lavoro ai sensi del più volte citato articolo 110, e non nel configurare a monte un diritto del dipendente ad ottenere l’aspettativa de qua.

Peraltro, in un’ottica di sistema, non può essere trascurato l’impatto che la concessione obbligata dell’aspettativa prevista dal comma 5 dello stesso articolo 110 potrebbe comportare sull’organizzazione dell’Ente e sullo svolgimento delle funzioni istituzionali, soprattutto negli enti di ridotte dimensioni organizzative. La temporanea assenza del dipendente interessato potrebbe rendere infatti necessario il ricorso ad assunzioni di durata temporanea con contratti di lavoro flessibile nell’osservanza della normativa vigente in materia, per assicurare in tempi rapidi la sostituzione di figure professionali talvolta infungibili [2] [3].

Alla luce delle considerazioni sopra illustrate ed in assenza di previsioni espresse sull’obbligatorietà della concessione dell’aspettativa in questione, deve quindi ritenersi che, nel dare applicazione al comma 5 dell’articolo 110, agli Enti non sia preclusa la verifica in concreto della ricorrenza di esigenze organizzative opportunamente motivate che determinano l’impossibilità di un suo accoglimento nell’ottica del perseguimento dell'interesse istituzionale e del buon funzionamento dell'amministrazione.

Quanto precede si rappresenta in termini astratti e generali, ferme restando le definitive determinazioni che codesto comune intenderà assumere nell’esercizio dei propri poteri datoriali con riferimento alla fattispecie concreta. 

 IL DIRETTORE DELL’UFFICIO
F.to Riccardo Sisti

-----------------------------------------------------------------

[1] A tale proposito, si noti che la Corte dei conti - Sezione controllo della Lombardia -, con parere n. 232 del 2018 reso in riferimento all’applicazione dell’art. 110, comma 5, del TUEL, nel chiarire la portata della modifica apportata alla previsione dall’art. 11 del d.l. n. 90 del 2014 (“ …2.5. L’attuale disposizione in esame, nel ribadire l’impianto di riferimento ora richiamato, ne mitiga gli effetti, facendo salva la possibilità di mantenimento del rapporto di lavoro in essere, a fronte della concessione da parte dell’Amministrazione di appartenenza dell’aspettativa prevista dalla medesima disposizione, fermo il generale principio di divieto di cumulo sopra ricordato..”), non pare attribuire all’aspettativa in questione carattere di automatismo evidenziando piuttosto, proprio attraverso la terminologia utilizzata, l’effetto derogatorio della disciplina in materia di esclusività derivante che si produce solo a seguito della concessione dell’aspettativa.

[2] A tali fini si tenga presente il principio affermato da Corte dei conti, Sezione controllo della Campania, deliberazione 3 aprile 2015, n. 121.

[3] Cfr. Tar Marche, sez. I, sentenza 7 febbraio 2018, n. 94, in tema di rapporti tra l’applicazione della normativa in materia di incarichi a contratto di cui all’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 e la concessione dell’aspettativa.