FAQ

In questo spazio vengono raccolte le FAQ, le domande frequenti a cui viene data risposta per contribuire a fare chiarezza su una serie di questioni che si pongono le PA, lavoratori dipendenti e dirigenti.

L'intento è di favorire l'orientamento nell'uso dei principali istituti vigenti, alla luce della diffusione del lavoro agile e in considerazione della situazione di emergenza che sta vivendo il Paese. Le risposte alle FAQ verranno aggiornate in relazione all'evolversi del quadro normativo. 
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(Ultimo aggiornamento 31 marzo 2020) 

E’ conforme a normativa che la PA non riconosca prestazioni di lavoro straordinario e permessi al lavoratore in smart working?
Si. Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, con riferimento allo smart working definiscono gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro, tra cui - fermo restando il divieto di discriminazione - la previsione dell’eventuale esclusione, per effetto della distribuzione flessibile del tempo di lavoro, di prestazioni eccedenti l’orario settimanale che diano luogo a riposi compensativi, prestazioni di lavoro straordinario, prestazioni di lavoro in turno notturno, festivo o feriale non lavorativo che determinino maggiorazioni retributive, brevi permessi o altri istituti che comportino la riduzione dell’orario giornaliero di lavoro. Il principio era già chiarito nella direttiva n. 3/2017 - “direttiva del presidente del consiglio dei ministri recante indirizzi per l'attuazione dei commi 1 e 2 dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124 e linee guida contenenti regole inerenti all'organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti” – secondo la quale ciascuna PA assume le determinazioni di competenza nell’esercizio dei propri poteri datoriali. Si ritiene che tale indicazione sia valida anche nel contesto emergenziale in atto, in cui il lavoro agile rappresenta l’ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

Quando possono essere fruite le giornate del congedo previsto dall’articolo 24 d.l.18/2020?
La ratio della norma contenuta nell’articolo 24 del dl 18/ 2020 é quella di prevedere ulteriori 12 giornate complessive che si aggiungono a quelle già individuate dalla normativa vigente. Le giornate complessivamente intese, compatibilmente con le esigenze organizzative della pa, possono essere fruite nei mesi di marzo e aprile.
Non si ritiene possibile convertire in permesso ex articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 le assenze già effettuate nel mese di marzo 2020 – prima dell’entrata in vigore della norma in esame – utilizzando altri istituti giuridici contrattualmente previsti (congedi ordinari, permessi per motivi personali, ecc...).

L'ampliamento dell'utilizzo dei permessi per la legge 104 può essere utilizzato " a ore"?
Tale soluzione appare compatibile con il quadro normativo vigente. Deve però evidenziarsi che l’utilizzo dei permessi ad ore appare in controtendenza rispetto all’obiettivo prioritario di limitare gli spostamenti delle persone fisiche e non funzionale, considerato che lo smart working rappresenta, nella fase emergenziale, l’ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Sarebbe pertanto auspicabile che le PA incentivassero, quanto più possibile, l’utilizzo dello strumento a giornate.

Fino a quando i genitori lavoratori dipendenti del  settore  pubblico possono usufruire del congedo previsto dall’art. 25 del d.l. 18/2020 per i figli di età non superiore ai  12 anni?
L’istituto si applica a decorrere dal 5 marzo 2020, in conseguenza  dei  provvedimenti di sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 2020, e  per  tutto  il periodo  della  sospensione  ivi  prevista. Per effetto del DPCM 8 marzo 2020 è sospesa, sino al 3 aprile 2020, la frequenza delle scuole di ogni ordine e grado. Resta la possibilità di svolgimento di attività didattiche a distanza, tenendo conto, in particolare, delle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. Il ricorso all’istituto del congedo si applica, dunque, a decorrere dal 5 marzo e sino al termine della sospensione delle attività didattiche, ossia - allo stato - sino al prossimo 3 aprile 2020.

Per ricorrere all’istituto dell’esenzione dal servizio previsto dall’articolo 87 del d.l. 18/2020, tra i presupposti, occorre verificare l’assenza delle ferie pregresse relative all’anno 2019?
Si, nonché degli altri strumenti alternativi fissati dalla norma. Per ferie pregresse si intendono quelle del 2019 o precedenti.

Per ricorrere all’istituto dell’esenzione dal servizio previsto dall’articolo 87 del d.l. 18/2020 è necessario un provvedimento unilaterale delle PA o una istanza del dipendente interessato?
Ogni PA, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, assume determinazioni al riguardo, escludendo appesantimenti amministrativi e favorendo la celerità dell’autorizzazione. L’impianto normativo non sembra comunque presupporre che si debba procedere solo su istanza.

A chi spetta disporre l’esenzione dal servizio: a livello di responsabile di unità organizzativa, di direzione generale, di vertice amministrativo?
Si rimette alla valutazione della singola PA che, nell’ambito della propria autonomia organizzativa, assume determinazioni al riguardo. A livello di struttura ministeriale, appare opportuno individuare regole omogenee - da definirsi a cura del capo del personale ovvero a cura di altra figura di vertice amministrativo - che possono anche poi essere oggetto di attuazione da parte delle varie articolazioni organizzative.

L’esenzione dal servizio incide negativamente sull’assiduità partecipativa ai fini dell’erogazione del trattamento accessorio e della valutazione?
La risposta è no, a fronte dell’art. 87, comma 3, d.l. 18/2020 che dispone che “il periodo  di  esenzione  dal  servizio costituisce  servizio  prestato  a  tutti  gli  effetti  di  legge  e l'amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di  mensa, ove prevista”.

Al dirigente esentato dal servizio ai sensi dell’art. 87 d.l. 18/2020 è riconosciuta la retribuzione di posizione, parte variabile, e quella di risultato?
Si in base alla disposizione dell’art. 87, comma 3, d.l. 18/2020 che dispone che “il periodo  di  esenzione  dal  servizio costituisce  servizio  prestato  a  tutti  gli  effetti  di  legge  e l'amministrazione non corrisponde l’indennità sostitutiva di  mensa, ove prevista”. Tuttavia, i dirigenti svolgono una preminente funzione di coordinamento e direzione, che nella Direttiva 2/2020 del Ministro della pubblica amministrazione è stata sottolineata  ed enfatizzata. Ne consegue che appare estremamente difficile, per tali figure, ipotizzare di ricorrere all’esenzione, considerato anche che le relative attività lavorative appaiono in ogni caso compatibili con lo svolgimento in modalità agile.

Lo smart working, nell’attuale situazione, è una priorità? Le amministrazioni devono adottare ogni idonea determinazione volta a favorirne la fruizione? 
Si. Fino alla fine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 il lavoro agile è costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, è quindi necessario un ripensamento da parte delle PA rispetto alle attività che possono essere oggetto di lavoro agile, con l’obiettivo di includere anche attività originariamente escluse. Nei casi in cui non sia possibile ricorrere allo smart working le PA adottano strumenti alternativi come, ad esempio, le ferie pregresse nel rispetto della disciplina definita dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro.
La presenza negli uffici è limitata ai soli casi in cui la presenza fisica del dipendente sia indispensabile per lo svolgimento delle attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza e delle attività indifferibili. Le amministrazioni sono tenute a garantire il rispetto di tale indicazione, anche al fine del prioritario interesse alla tutela della salute del personale dipendente.

E’ necessario un atto formale tipizzato di autorizzazione allo smart working da parte della PA?
No. Per garantire la massima applicazione dello smart working, le PA prevedono modalità semplificate e temporanee di accesso a tale modalità di lavoro, escludendo appesantimenti amministrativi, e favorendo la celerità dell’autorizzazione (ad. es. ricorso a scambio di mail con il dipendente per il riconoscimento dello smart working piuttosto che predisposizione di moduli da compilare o adozione di provvedimenti amministrativi).

E’ necessaria una reportistica giornaliera dei risultati raggiunti dal lavoratore in smart working?
Non è escluso che le PA, nell’esercizio dei propri poteri datoriali, possano prevedere una reportistica giornaliera sugli obiettivi raggiunti dal lavoratore agile. E’ comunque possibile, nell’ambito dell’autonomia di ciascuna amministrazione, ricorrere a schede o documenti di sintesi degli obiettivi raggiunti dal lavoratore agile con riferimento a periodi temporali più estesi.

Si può derogare all’accordo individuale, agli obblighi informativi e alla comunicazione relative all’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali?
Si. Secondo le misure previste in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 le PA assicurano lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile, anche in deroga agli accordi individuali e agli obblighi informativi di cui agli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n.  81. Le pubbliche amministrazioni, quindi, possono derogare all’accordo individuale (art. 18 l. 81/2017), all’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro (art. 22 l. 81/2017) e alle comunicazioni relative all’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali (art. 23 l. 81/2017).

Le attività indifferibili devono essere svolte necessariamente in presenza?
No. La Direttiva n. 2/2020 del Ministro per la pubblica amministrazione chiarisce che le attività indifferibili possono essere svolte sia nella sede di lavoro, anche solo per alcune giornate, quando il dipendente fa parte del contingente minimo posto a presidio dell’ufficio, sia con modalità agile.

Il periodo di prova del dipendente assunto dalla PA può essere svolto in smart working?
Si. Il periodo di prova non è incompatibile con lo smart working che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa. Ai fini del compimento del periodo di prova, infatti, si tiene conto del servizio effettivamente prestato che, nel caso dello smart working, è svolto in modalità agile.
Le PA garantiscono che i dipendenti in smart working non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera (art. 14 legge 124/2015).

Il personale in smart working ha diritto al buono pasto?
No. Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, con riferimento allo smart working definiscono gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro, tra cui gli eventuali riflessi sull’attribuzione del buono pasto.Ciascuna PA, dunque, assume le determinazioni di competenza sull’attribuzione del buono pasto ai dipendenti in smart working, previo confronto con le organizzazioni sindacali.

Qualora la PA non individui le attività indifferibili da svolgere in presenza, il lavoratore è automaticamente autorizzato a non presentarsi al lavoro in attesa che gli venga attribuita l’attività da svolgere in smart working?
Ciascuna PA è responsabile della gestione del proprio personale e dell’applicazione delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, tra cui l’obbligo di individuazione delle attività indifferibili e le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza. In ossequio a  tale obbligo le amministrazioni devono individuare, sia pur con comunicazione semplificata, le modalità con cui i dipendenti dovranno rendere la prestazione lavorativa e da ciò ne discende che il singolo dipendente non può ritenersi automaticamente autorizzato a non presentarsi al lavoro.

Il lavoratore, in attesa che l’amministrazione provveda a fornire il supporto tecnologico adeguato per il ricorso allo smart working, può essere esentato dal servizio come stabilito dall’art. 87, comma 3 del D.L. 18/2020?
La prestazione lavorativa in lavoro agile può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall'amministrazione (art. 87, comma 2, D.L. 18/2020).Ove non sia possibile ricorrere al lavoro agile le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio solo a seguito dell’utilizzo di strumenti alternativi: ferie pregresse, congedo, banca ore, rotazione e altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva (art. 87, comma 3, D.L. 18/2020).

E’ possibile attivare iniziative di aggiornamento e di formazione in modalità agile?
Si. È possibile promuovere percorsi informativi e formativi in modalità agile che non escludano i lavoratori dal contesto lavorativo e dai processi di gestione dell’emergenza.

È necessario che il dipendente inoltri specifica richiesta per accedere allo smart working?
No. Il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle PA per cui il datore di lavoro è parte attiva nel proporre il ricorso dell’istituto ai propri lavoratori. Per garantire la massima applicazione dello smart working, le PA prevedono modalità semplificate e temporanee di accesso alla misura, escludendo appesantimenti amministrativi, e favorendo la celerità dell’autorizzazione (ad. es. ricorso a scambio di mail con il dipendente per il riconoscimento dello smart working piuttosto che predisposizione di moduli da compilare o adozione di provvedimenti amministrativi).

La PA può chiedere la presenza in sede “a rotazione” al personale che già svolge la prestazione lavorativa in smart working?
Si. Le attività indifferibili e quelle strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza possono essere svolte attraverso lo smart working e mediante la presenza del personale sul luogo di lavoro. Le PA, nell’ambito delle predette attività, individuano quelle che possono essere svolte in smart working, come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, e quelle che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, adottando forme di rotazione dei dipendenti per garantire un contingente minimo di personale da porre a presidio di ciascun ufficio.
La rotazione dei dipendenti per garantire la presenza di un presidio presso gli uffici può essere garantita anche in alternanza allo smart working.

Le attività da rendere in presenza possono essere attivate dal cittadino su appuntamento telefonico?
Si. Nella direttiva n. 2/2020 del Ministro per la pubblica amministrazione si evidenzia che le attività di ricevimento del pubblico o di erogazione diretta dei servizi al pubblico, fermo restando quanto detto nella stessa direttiva relativamente alle attività indifferibili, sono prioritariamente garantite con modalità telematica o comunque con modalità tali da escludere o limitare la presenza fisica negli uffici (ad es. appuntamento telefonico o assistenza virtuale). Nei casi in cui il servizio non possa essere reso con le predette modalità, gli accessi nei suddetti uffici devono essere scaglionati, anche mediante prenotazioni di appuntamenti, e deve essere assicurata la frequente areazione dei locali. Le amministrazioni curano che venga effettuata un’accurata disinfezione delle superfici e degli ambienti e che sia mantenuta un’adeguata distanza (c.d. distanza droplet) tra gli operatori pubblici e l’utenza.
 

Ultimo aggiornamento: 31 marzo 2020

Data di pubblicazione: 27 marzo 2020