Corriere della Sera - Renato Brunetta

Brunetta: "Patto di stabilità, servono nuove regole orientate alla crescita"

16 gennaio 2022

Il dibattito sulle regole del Patto di stabilità e crescita (Psc) ricorda la lettera rubata di Edgar Allan Poe: tutti cercano la soluzione per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche, eppure ce l’hanno già davanti agli occhi. Si chiama Next Generation Eu. Quello è il metodo, quella è la strada, quello è il modello di governance. Perché il vecchio mondo legato ai parametri rigidi e al trionfo della meccanica delle regole, con funzioni reputate salvifiche, semplicemente non esiste più. Il succedersi delle crisi ha eroso la fiducia cieca in quel paradigma. E la lezione è stata evidente: non esistono numeri magici che garantiscano, al tempo stesso, stabilità e crescita.

Della governance economica europea si parlerà, ancora, nella riunione dell’Eurogruppo di domani. Dopo economisti come Francesco Giavazzi e Charles-Henri Weymulle, e rappresentanti delle istituzioni europee (European Fiscal Board, Meccanismo Europeo di Stabilità), sono stati i presidenti Draghi e Macron, nel loro recente intervento sul Financial Times, a rilanciare la discussione. 

È difficile prevedere quale potrebbe essere l’eventuale punto di caduta del confronto. Nella consapevolezza che il nostro futuro (specialmente per l’Italia) non può passare per un ritorno alle vecchie regole, Bruxelles potrebbe prorogare ulteriormente la sospensione del Psc, sebbene questo scenario appaia poco realistico. In alternativa, i capi di Stato e di governo potrebbero indicare nuovi criteri interpretativi alle regole esistenti, flessibili ma prudenti nel tutelare la sostenibilità delle finanze pubbliche dei 27 membri dell’Unione. Quest’ultimo schema potrebbe, altresì, spingersi fino all’impegno vincolante di riscrivere i Trattati e, quindi, le regole di politica economica.

Per tutte queste ragioni, il dibattito, che dovrà sfociare in un accordo all’unanimità, si presenta particolarmente complesso. Se da un lato, infatti, Italia e Francia propongono che le nuove regole europee debbano favorire la crescita di lungo periodo e, tramite questa, la sostenibilità di lungo termine delle finanze pubbliche, dall’altra 8 Paesi, guidati dall’Austria, avversano qualsiasi modifica delle attuali regole del Psc. Tra questi due estremi si colloca la Germania del cancelliere Scholz. Nell’accordo della coalizione socialista-liberal-verde che lo sostiene, si legge, infatti, che qualsiasi riforma delle regole deve mirare a tre obiettivi: garantire la crescita, mantenere la sostenibilità del debito e assicurare gli investimenti ambientali. Inoltre, il neoministro delle finanze Lindner ha messo sul tavolo negoziale, come contropartita, il completamento dell’Unione bancaria, che prevede, come punto critico per l’Italia, la riduzione dell’esposizione ai debiti sovrani delle banche.

Su una cosa, però, i Paesi membri dell’Ue dovrebbero essere tutti concordi: senza finanze pubbliche sostenibili e regole credibili e applicabili che le sovraintendano, i Governi sarebbero costretti a intervenire nell’economia in maniera preponderante e continua, limitando il funzionamento del libero mercato sul quale l’Unione è fondata. Crescita economica e sostenibilità delle finanze pubbliche, tuttavia, non sono due obiettivi antitetici, ma complementari. La soluzione ce l’abbiamo già ed è quella di rendere permanente il meccanismo di governance introdotto con il Next Generation Eu. Anziché il bastone della rigidità delle regole, delle procedure di infrazione e dei meccanismi sanzionatori, peraltro mai applicati, è più efficace usare la carota dei fondi condizionati alle politiche economiche virtuose. L’introduzione in via permanente di un unico Pnrr europeo, sostitutivo dei 27 Pnrr nazionali, rappresenta la vera proposta europeista di policy che indurrebbe i Paesi dell’Unione ad adottare strategie e investimenti coordinati e, auspicabilmente, decisi da un unico ministro delle finanze Ue.

Di conseguenza, i governi, coerentemente con la strategia europea per la crescita, dovrebbero mettere in campo, soprattutto, gli investimenti necessari ad attuarla, scorporandoli con l’introduzione di una golden rule.

Con una maggior crescita indotta da una spesa qualificata per investimenti di scala europea, accompagnata dalle riforme, e il controllo della spesa improduttiva assicurata dal meccanismo di governance, la sostenibilità delle finanze pubbliche sarebbe assicurata naturalmente, senza la necessità di rigide regole e opinabili parametri quantitativi di varia natura. Il raggiungimento dei target in termini di deficit e debito avverrebbe nel rispetto del principio di tendenza all’obiettivo, intuizione che fu di Guido Carli nel negoziato sul Trattato di Maastricht nel 1991. Se abbiamo trovato il modo per convergere e diventare tutti virtuosi, ne deriva che le regole scritte per i non virtuosi non hanno più senso. E che la lettera rubata è qui, tra le nostre mani.