Parere Uppa n. 7/2010

Parere al Ministero del Lavoro.
Impugnazione sanzioni disciplinari - applicabilità art. 7, commi 6 e 7, l. n. 300 del 1970, alle controversie relative al lavoro pubblico.

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UFFICIO PERSONALE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI 
SERVIZIO TRATTAMENTO PERSONALE 
Al Ministero del lavoro e delle politiche sociali 
Direzione generale tutela delle condizioni di lavoro 
Divisione VII 
ROMA

OGGETTO: impugnazione sanzioni disciplinari - applicabilità art. 7, commi 6 e 7, l. n. 300  del 1970 alle controversie relative al lavoro pubblico.

Si fa riferimento alla lettera del 18 giugno 2010, prot. 15/VII/13681/14.01.12, con la quale codesta Direzione ha chiesto l'avviso del Dipartimento della funzione pubblica circa l'applicabilità alle controversie inerenti le sanzioni disciplinari irrogate nei confronti dei pubblici dipendenti della procedura prevista nell'art. 7, commi 6 e 7, dello Statuto dei lavoratori, l. n. 300 del 1970, a seguito dell'entrata in vigore della riforma operata con il d.lgs. n. 150 del 2009.

In proposito, si espongono le seguenti considerazioni.

Come noto, il d.lgs. n. 150 del 2009, approvato in attuazione della delega contenuta nella l. n. 15 del 2009, ha introdotto rilevanti novità nella materia disciplinare relativa ai pubblici dipendenti novellando il d.lgs. n. 165 del 2001. In particolare, l'art. 68 del d.lgs. n. 150 ha sostituito l'art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001; l'art. 69 ha introdotto nel corpo del medesimo decreto i nuovi artt. da 55 bis a 55 sexies, mentre l'art. 72 ha abrogato l'art. 56.

La riforma ha riguardato anche la disciplina delle procedure conciliative precontenziose e delle impugnazioni delle sanzioni.

Per quanto riguarda il primo aspetto, il nuovo art. 55 ha sostituito la disciplina del c.d. patteggiamento di cui al previgente art. 55 comma 6 con la possibilità per la contrattazione collettiva di disciplinare procedure di conciliazione non obbligatoria, con il vincolo dell'esclusione delle ipotesi per le quali è prevista la sanzione del licenziamento. La norma stabilisce inoltre che la sanzione concordemente determinata all'esito della procedura non può essere di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto per l'infrazione per la quale si procede e che la sanzione stessa non è soggetta ad impugnazione.

In ordine alla disciplina delle impugnazioni, il vigente art. 55 comma 3 stabilisce che "La contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari.". L'art. 72 comma 1 del d.lgs. n. 150 ha abrogato l'art. 56 del d.lgs. n. 165 del 2001. Questo articolo prevedeva: "Se i contratti collettivi nazionali non hanno istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di conciliazione di cui all'articolo 66, con le modalità e con gli effetti di cui all'articolo 7, commi sesto e settimo, della legge 20 maggio 1970, n. 300". L'art. 73 ha poi stabilito che "Dalla data di entrata in vigore del presente decreto non è ammessa, a pena di nullità, l'impugnazione di sanzioni disciplinari dinanzi ai collegi arbitrali di disciplina.", disponendo anche per il periodo transitorio. Queste norme si basano sul criterio di delega contenuto nell'art. 7 della l. n. 15 del 2009 (Principi e criteri in materia di sanzioni disciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici), che al comma 2, let. o), prevede: "abolire i collegi arbitrali di disciplina vietando espressamente di istituirli in sede di contrattazione collettiva;".

Dal quadro appena descritto sembra emergere un disegno di razionalizzazione delle procedure di conciliazione e di impugnazione ispirato dalla volontà di evitare il rischio di collusione che potrebbe derivare dallo svolgimento di procedure, regolate dalla contrattazione o dalla legge, di carattere arbitrale o svincolate dai presupposti sostanziali fissati dalla legge. Si evince inoltre la volontà del legislatore delegato di delineare un sistema di disciplina tendenzialmente completo circa la materia delle procedure di conciliazione e di impugnazione.

Queste considerazioni inducono a pensare che dopo l'abrogazione dell'art. 56 del d.lgs. n. 165 del 2001, non sia possibile ritenere vigente l'art. 7 stesso in virtù del semplice rinvio generale compiuto dall'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 alla "legge sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa". Infatti, nell'ambito delle nuove norme, che, come detto, contengono una disciplina pressocché completa della materia, il citato art. 7 non è stato mai richiamato. Il riferimento a questa disposizione è sparito non solo dall'art. 56, per effetto della sua abrogazione, ma anche dall'art. 55 novellato, mentre ne sono stati ripresi quasi completamente i contenuti normativi, modificati in considerazione delle esigenze del settore pubblico (affissione, procedimento disciplinare, infrazioni e sanzioni demandate alla contrattazione collettiva, disciplina di fattispecie di licenziamento disciplinare per legge).

In questo contesto, ad avviso dello scrivente, la volontà di applicare al settore del lavoro pubblico la procedura di cui all'art. 7 in questione avrebbe dovuto essere espressa in maniera esplicita, mediante richiamo o ridisciplina. Al contrario, con l'abrogazione dell'art. 56, che faceva riferimento all'art. 7 in maniera indiretta e comunque in subordine rispetto alle procedure regolate dalla contrattazione collettiva (procedure a cui oggi è precluso accedere), è stato soppresso anche il rinvio alle modalità e agli effetti della norma. Pertanto, in mancanza di una chiara indicazione di legge non sembra possibile far riferimento per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni alla procedura di cui all'art. 7 in questione.

Le conclusioni esposte sembrano confermate dalla circostanza che, in attuazione del menzionato criterio di delega, è stata definitivamente eliminata la possibilità di ricorrere ai collegi arbitrali disciplina. Tale previsione, che in senso stretto si riferisce ai collegi previsti nei commi 7-9 dell'abrogato art. 55, in una lettura combinata con l'art. 55, comma 3, primo periodo, che comporta l'impossibilità di impugnare le sanzioni utilizzando la procedura di arbitrato prevista dal CCNQ, pare indice della volontà di escludere decisioni arbitrali nella materia delle impugnazioni disciplinari, con la conseguenza che anche l'impugnazione ex art. 7 commi 6 e 7 dello Statuto, in quanto svolta di fronte ad un collegio di conciliazione e di arbitrato, deve ritenersi preclusa.

IL CAPO DIPARTIMENTO 
Antonio Naddeo